È sufficiente un granello di fentanyl (appena due milligrammi) per uccidere una persona. Come nel caso di Andrea Zamperoni, lo chef italiano morto per overdose a New York. Ma chi consuma droga non può sapere se questo oppioide sintetico, circa 50 volte più potente dell’eroina e cento volte più della morfina, o un suo derivato come il carfentanil, con una potenza cento volte maggiore, sia contenuto all’interno della sostanza che ha comprato. Il pericoloso oppioide che nasce come farmaco per trattare il dolore cronico, soprattutto neoplastico, e per l’anestesia pre-operatoria può essere mescolato con altre droghe, in particolare l’eroina da strada. Diventando un veleno altamente mortale.

Per limitare il rischio di assunzione involontaria di fentanili la Regione Emilia Romagna, insieme all’Ausl di Bologna, entro l’autunno partirà con la distribuzione di cinquemila kit per il self-testing, i test autonomi, ai consumatori di droga attraverso i Servizi pubblici per le dipendenze patologiche (Serd), le unità mobili e anche la polizia scientifica. Il kit contiene una striscia diagnostica per la determinazione rapida della presenza dei fentanili.

Il test va effettuato direttamente sul campione di eroina (ne basta una quantità infinitesimale o anche solo il sacchetto vuoto che la conteneva) prima della somministrazione. Oppure sulle urine, se si pensa di aver assunto una dose sospetta. Il risultato è positivo se dopo aver immerso la striscia in un contenitore (anche questo fornito nel kit) pieno di acqua si colora soltanto una lineetta. Se invece ne compaiono due è negativo. In caso di positività al test viene chiesto di scattare una foto con lo smartphone alla striscia e di caricarla su un apposito sito web, presto online. Costo dell’iniziativa: 15mila euro. Una spesa molto accessibile, in effetti, che può dare importanti risultati. “Lo screening serve a prevenire le morti per overdose, a informare gli utilizzatori di droghe di questa minaccia e dei rischi che corrono, ed è utile al sistema regionale per monitorare la diffusione di queste sostanze sul territorio” spiega Salvatore Giancane, tossicologo dell’Ausl bolognese e promotore dell’iniziativa. “Non solo – aggiunge -, si crea un’alleanza tra le istituzioni e il consumatore che viene coinvolto in un’azione di sanità pubblica e, al contempo, si scoraggia chi adultera l’eroina. Il trafficante o lo spacciatore non sono in grado di dosare il fentanyl, ci vorrebbero strumenti di altissima precisione. E va a finire che piccolissime quantità di questa molecola all’interno di un grande volume si concentrano in hotspot potenzialmente letali”.

Di derivati del fentanyl ne esistono oltre cinquanta. “Le strisce di autoanalisi sono state testate con successo su 12 fontanili – continua il medico – Si tratta dei più diffusi che da soli coprono il 95 per cento di quelli presenti sul mercato. Non renderemo noto l’elenco per non fornire eventuali vantaggi ai malintenzionati”. Il kit rappresenta dunque uno strumento di prevenzione urgente. “Tutti parlano di fentanyl, ma poi nessuno è in grado di sapere se sia veramente presente nelle sostanze che si consumano. Prima allora che l’epidemia esploda anche in Italia, fermiamola perché agire a posteriori sarà inutile” sollecita Giancane.

Da gennaio scorso il test con le strisce, solo sulle urine però, viene eseguito anche dalle unità di strada di Villa Maraini, l’agenzia nazionale per le tossicodipendenze della Croce Rossa italiana, che opera a Roma dopo ogni intervento di overdose per verificare se il paziente si è iniettato eroina sintetica. Fino a oggi, comunica in una nota il fondatore Massimo Barra, non sono stati riscontrati casi nella capitale, ma il monitoraggio continua perché “ci aspettiamo che arrivi anche qui”.

Ma in Italia il pericolo fentanyl è già una realtà. Il ministero dell’Interno ci fa sapere che dall’anno scorso le forze dell’ordine hanno iniziato a sequestrare dosi di questo oppioide: 20 nel 2018 e 6 nel 2019 (equivalenti a 13,98 grammi, di cui 12 di isobutyrly fentanyl). Un esperto di droghe come Riccardo Gatti, direttore dell’area Dipendenze dell’Asst Santi Paolo e Carlo che a Milano gestisce nove sert più le carceri, invita a non sottovalutare il frangente: “Non si può più fare finta di niente, lo stesso ministero della Salute ha avvertito i servizi in contatto con chi fa uso di droghe del rischio di fentanyl nascosto nelle dosi”.

Il ministero fa sapere di aver diramato numerose informative alle Regioni relativamente a questa minaccia. “La situazione in Italia – si legge in una nota – non è ancora ben delineata anche se l’attenzione deve essere massima”. Per questo motivo, presso il dipartimento per le Politiche antidroga è stato istituito “un tavolo tecnico per affrontare il problema”. Finora sono due le morti per overdose di fentanyl accertate nel nostro Paese. Una avvenuta a Milano nel 2017, l’altra nella provincia di Varese l’anno successivo.

Il kit di autoanalisi che verrà consegnato in Emilia Romagna è un ottimo strumento di prevenzione. Tuttavia, anche i laboratori dovrebbero essere messi nelle condizioni di lavorare al meglio. “La difficoltà consiste nel reperire lo standard della nuova sostanza per identificarla. Esiste già all’estero, ma avendo noi il divieto di importazione dobbiamo aggirare l’ostacolo con una serie di richieste di permessi che ci portano via dei mesi”, sottolinea Monica Orioli, direttrice del laboratorio di tossicologia forense al Dipartimento di scienze biomediche dell’università di Milano, che si è occupata della prima vittima in Italia da overdose di un derivato del fentanyl. “Abbiamo impiegato un anno e mezzo per ottenere dalla Francia lo standard di ocfentanil che ci ha permesso di identificare la sostanza assunta dal ragazzo. L’Istituto superiore di sanità ha la disponibilità di 22 standard di fentanili. Ma è una rincorsa continua al nuovo, le molecole vengono modificate a una velocità impressionante e finché queste droghe non sono note non sono neppure perseguibili dalla legge”.

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