Una ritorsione per aver contestato la nomina imposta per via politica. Questo c’era dietro la sospensione dal servizio della professoressa Susanna Esposito, ex responsabile della clinica pediatrica dell’ospedale da ieri in servizio a Parma, che era stata accusata di false attestazioni per avere sostenuto di essere stata al lavoro mentre sarebbe stata impegnata in visite private a Milano. Lo ha stabilito la Procura di Perugia chiedendo l’archiviazione del procedimento avviato a carico della pediatra che aveva puntato i piedi contro il meccanismo di nomine dall’alto emerso nell’inchiesta sui concorsi sanitari truccati all’ospedale di Perugia, procedimento che ha decapitato i vertici locali del Pd e vede ancora indagata l’ex presidente regionale Catiuscia Marini, dimessasi a fine maggio dal consiglio regionale, col colpo di coda di votare contro le proprie dimissioni.

La vicenda Esposito era filone essenziale dell’inchiesta che vede ancora indagati gli ex direttori generale, amministrativo e sanitario Emilio Duca, Maurizio Valorosi e Diamante Pacchiarini. Fu proprio lei, all’epoca primario del reparto di pediatria, a inviare l’esposto-denuncia che fece partire l’indagine per truffa poi evoluta in altri reati, tra cui l’associazione a delinquere. I vertici ospedalieri, in sostanza, si adoperavano per tenere al suo posto un professore associato di genetica inserito nella struttura pediatrica dal 2015 pur senza i requisiti necessari “nonostante – si leggeva nelle carte – in realtà egli non svolgesse all’interno di quel reparto alcuna attività”. La reazione dei vertici fu violenta: comminano un disciplinare e accusano lei di truffa, eccependo su orari e presenze connessi all’attività libero professionale. È in quella sede che gli inquirenti apprendono dalla Esposito del contrasto tra dirigenza amministrativa e medica su quella poltrona, e che era stata costretta a fornire valutazioni positive sul professore “solo perché pressata anche con minacce di conseguenti provvedimenti disciplinari in caso contrario da parte della dirigenza amministrativa”.

L’8 agosto 2018 le minacce si concretizzano nella sospensione dalle funzioni per quattro mesi e multa da 350 euro. Le intercettazioni però erano in corso. In una conversazione del 21 maggio 2018, il direttore Valorosi suggerisce al suo interlocutore Pacchiarini di verificare la presenza in ufficio della professoressa Esposito in modo tale da darle “una bastonata di quelle forti che si fa male“. La “natura ritorsiva” delle contestazioni viene ora cristallizzata nel decreto di archiviazione. Dalle verifiche sui tabulati telefonici eseguite dai finanzieri lungo 18 mesi, è emerso infatti che la pediatra non aveva commesso alcuna irregolarità: era cioè presente all’ospedale di Perugia nei giorni in cui il disciplinare e l’esposto dei vertici ospedalieri la indicavano a Milano, a esercitare attività in forma privata.

Dal 1 settembre la professoressa si è trasferita in Emilia Romagna, all’ospedale dei bambini Pietro Barilla di Parma. Nonostante il rovesciamento delle indagini, che hanno visto poi assolvere la professoressa e finire dirigenti ospedalieri e politici sotto indagine, la prof non è mai stata reintegrata. “Certo nella scelta ha pesato molto questa vicenda dolorosa che lascia molta amarezza”, racconta a ilfattoquotidiano.it. “In questo momento mi sembra di essere un gladiatore sopravvissuto nell’arena ma stremato e sporco di fango e sangue. Il fango e il sangue con il tempo andranno via ma le ferite adesso sono troppo dolorose. Molte volte mi sono chiesta cosa sarebbe successo se mi fossi comportata diversamente, se fossi stata più accondiscendente ad alcune, improbabili richieste. Non so darmi una risposta precisa, ma quello che posso assicurarvi, pur con tutti i limiti che mi riconosco, è di aver agito sempre e soltanto secondo coscienza”.

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