Una lunga accusa al Partito democratico sulla gestione del tema migranti, ma nessuna ammissione di responsabilità personale in quanto leader fino al 2018. Matteo Renzi ha scritto una lettera a Repubblica nella quale attacca “l’aver esasperato il tema degli sbarchi” e il “poco coraggio sullo Ius soli“. Secondo l’ex premier e segretario il “declino del partito”, appunto, è iniziato quando si è esasperato “il tema arrivi dal Mediterraneo”, ovvero “quando nel funesto 2017 abbiamo considerato qualche decina di barche che arrivava in un Paese di 60 milioni di abitanti, ‘una minaccia alla democrazia’”. E allo stesso tempo “si discuteva lo Ius soli senza avere il coraggio di mettere la fiducia come avevamo fatto sulle unioni civili”. Se la prende quindi, con l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti e poi con l’ex premier Paolo Gentiloni: con il primo per il sostegno e i fondi alle motovedette libiche, con il secondo per la decisione di non sostenere la legge di riforma della cittadinanza. In quell’epoca però Renzi mai espresse simili posizioni o fece pressioni, prima da premier e poi da segretario, perché la linea del partito cambiasse. E non solo, proprio a luglio 2017, pubblicò il suo libro “Avanti” in cui scrisse: “Bisogna uscire dalla logica buonista e terzomondista per cui abbiamo il dovere di accogliere tutti quelli che stanno peggio di noi”. Perché “non possiamo accoglierli tutti noi”. Oggi, a distanza di due anni, sembra aver cambiato completamente la sua posizione e attacca i colleghi.

La lettera ha creato molti malumori dentro il Pd. Tanto che lo stesso segretario Nicola Zingaretti ha replicato alle accuse: “Renzi era il segretario e rieletto con grande consenso dalle primarie Pd. Faccio fatica a credere che questi temi gli siano sfuggiti di mano quindi interpreto l’intervista anche come una severa autocritica”. Ma il segretario ha anche chiesto di evitare di parlare solo del “passato”: “Quello che penso in merito delle politiche migratorie l’ho detto ieri e ribadito oggi in un’intervista. Ma quello che è sbagliato è vivere nel passato, quasi in un eterno regolamento di conti che ci isola dalla società, che invece a noi chiede un progetto, una visione, politiche per il lavoro, lo sviluppo. Il dibattito e l’iniziativa che ci serve è questa. Io guardo al futuro, per voltare pagina e sconfiggere una destra pericolosa. Questa è la priorità. Faccio un appello a tutti i dirigenti Pd: interventi per costruire e pensare il futuro non per logorare il presente”.

Il primo a commentare era stato in mattinata l’eurodeputato Carlo Calenda: “Molte parti sono condivisibili”, ha scritto su Twitter, “ma non l’attacco a Paolo Gentiloni e Minniti. A prescindere dal fatto che i provvedimenti sono tutti stati votati dal Pd di cui eri segretario, sai benissimo che l’emergenza c’era e come. Fino a 2016 inoltrato i migranti entravano in Italia e andavano negli altri Paesi europei. Dopo la chiusura Shengen e l’identificazione di 180mila migranti non sono qualche persona. Il problema è nato quando Gentiloni era al governo. Ancora ieri sera ti ho difeso su fake news flessibilità/migranti. Non ricominciamo a farci del male”. Poco dopo, intervistato da Radio Capital, è intervenuto il deputato Matteo Orfini: “Io penso quello che pensavo nel 2017, cioè che quelle parole furono sbagliate”, ha detto. “Lo dicemmo in pochissimi: io, l’allora ministro Orlando e pochi altri. Oggi sono felice che questa riflessione sia più condivisa anche da chi allora non lo disse. La frase di Minniti”, continua il deputato dem, “raccontava una visione sbagliata, che non può essere quella di un grande partito di centrosinistra. Con quella frase, e con alcune scelte politiche, ci siamo spostati sulla lettura del fenomeno di Salvini e della destra, accettando l’idea che esistesse un nesso fra immigrazione e sicurezza. L’idea che l’immigrazione mettesse a rischio la democrazia era un’idea sbagliata. Non è vero”.

La lettera – Per l’ex premier, si tratta di una “geometrica dimostrazione d’impotenza: allarmismo sugli sbarchi, mancanza di coraggio sui valori. Il successo di Salvini inizia li”, scrive Renzi. La questione dei flussi migratori nel Pd “l’abbiamo sopravvalutata quando nel funesto 2017 abbiamo considerato qualche decina di barche che arrivava in un Paese di 60 milioni di abitanti, ‘una minaccia alla democrazia’”.

“L’Italia non ha un’emergenza immigrazione – sostiene – ma tre emergenze gravissime: denatalità, legalità, educazione. La prima è la più preoccupante: un paese senza figli è un paese senza futuro. E paradossalmente non ne usciamo neppure con gli immigrati. La demografia segna la fine della civiltà, non qualche migliaio di rifugiati che sbarcano nel Mediterraneo. E nel resto d’Europa ‘l’invasiona’ che paventano i populisti nasce dalle culle, non dai barconi”. Per Renzi ora “bisogna aumentare i fondi della cooperazione internazionale (cosa che noi abbiamo fatto, la Lega no). Bisogna investire in Africa senza lasciare che lo faccia solo la Cina. Bisogna implementare la strategia energetica del sud, dall’Egitto al Mozambico”.

Nella lettera a Repubblica, il senatore Renzi elenca dieci “piccoli spunti di riflessione” spiegando che “non possiamo arrenderci allo tsunami sovranista” perché “resistere e rilanciare si può”. Stella polare della riflessione dell’ex premier il fatto che “se qualcuno è in mare, si salva e si porta a terra. Lasciare in mare delle persone per calcolo elettorale fa schifo”. Al punto due sottolinea Renzi il fatto che “l’Italia è terra di migranti” e “chi nega questa storia è un ignorante che tradisce i valori del Paese”. Al tre la difesa del suo governo: “io – scrive – non mi vergogno di ciò che ha fatto il mio governo. Non chiedo scusa per le vite salvate nel Mediterraneo. Non chiedo scusa per aver combattuto il protocollo di Dublino, firmato da Berlusconi e Lega”.

“E non chiedo scusa – aggiunge – per aver recuperato i cadaveri del naufragio del 2015. La civiltà è anche dare una sepoltura: ce lo insegna Antigone, ce lo insegna Priamo. I Salvini passano, i valori restano”. Al punto 7 il tema della legalità, connesso all’attività delle Ong: “Se Carola ha sbagliato manovra o infranto la legge, è giusto processarla. Se un immigrato ruba, è giusto processarlo. Ma questo vale per tutti: o la legalità vale sempre o non vale mai. Difficile credere a Salvini quando definisce ‘delinquente’ Carola e invoca per sé l’immunità parlamentare per salvarsi”.

“E questo – aggiunge – vale per gli alleati grillini: possono urlare onestà fino allo sfinimento, ma resteranno per sempre i complici di chi ha fatto sparire 49 milioni di euro del contribuente”. Renzi punta anche sulla “questione educativa”. “la misura più importante del nostro governo – scrive – non è la fatturazione elettronica o il Jobs Act, che pure stanno finalmente mostrando i loro effetti. La misura più importante è il principio un euro in cultura per un euro in sicurezza. Aprire i musei, altro che chiudere i porti. Investire sui teatri e sulla scuola, specie nelle periferie, non solo sulla repressione”.

 

Al punto nove l’attacco diretto ai populisti che “hanno bisogno delle fake news. Emblematico il fotomontaggio con i parlamentari della Sea Watch ripresi come fossero in un pranzo luculliano a base di pesce. Combattere le fake news è diventato un dovere civile”. “Non è la globalizzazione il nostro avversario. Se diciamo che la globalizzazione è il nemico che distorce economia, cultura, identità, finiamo con il fare un assist a chi dice “prima gli italiani”, chiede di costruire muri, istiga all’odio. È chiaro che ci sono diseguaglianze, da sempre, che la globalizzazione non corregge e talvolta esaspera”. “I populisti – conclude Renzi – hanno vinto con le fake news, saranno sconfitti dalla realtà. Se vogliamo che ciò accada anche sul tema dell’immigrazione, dobbiamo avere una linea, nostra, forte e chiara. E non scimmiottare quella degli avversari”.

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