Sono dieci i morti, tre militari siriani e sette stranieri, dovuti ai raid aerei israeliani su postazioni di Damasco nel sud-ovest della Siria, nella provincia meridionale di Quneitra, secondo quanto riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus). Gli obiettivi dei bombardamenti erano dei depositi che potrebbero essere stati utilizzati anche dagli iraniani e dalle milizie sciite libanesi di Hezbollah presenti su territorio siriano. Le autorità di Israele fanno sapere che l’operazione è una risposta al lancio di missili che sabato sera sono stati sparati dalla Siria sul Monte Hermon, nel Golan occupato. Cresce così ulteriormente la tensione nel Paese, dopo l’accoltellamento di due ebrei, di cui uno è adesso in fin di vita, per mano di un 19enne, nella città vecchia di Gerusalemme, e le proteste oggi alla Spianata delle Moschee tra un gruppo di nazionalisti israeliani in procinto di entrare e la folla musulmana che ha sbarrato loro la strada.

“All’alba di domenica – riferisce una fonte militare israeliana – abbiamo intercettato missili dal Golan. La nostra difesa aerea ha bloccato e abbattuto i razzi nemici che puntavano nostre posizioni”. Una versione confermata anche dal primo ministro, Benyamin Netanyahu, che ha giustificato l’attacco israeliano di domenica come una risposta all’azione militare siriana: “In seguito a quei lanci – ha affermato – ho ordinato alle nostre forze di sferrare un attacco. Non possiamo tollerare spari verso il nostro territorio e ad essi reagiamo con grande forza”.

Un portavoce militare israeliano ha poi precisato che i bombardamenti condotti da Tel Aviv, a cui hanno preso parte aerei ed elicotteri da combattimento, avevano come obiettivo due batterie dell’artiglieria siriana, un batteria di missili antiaerei SA-2 nonché postazioni di avvistamento e di intelligence delle forze armate siriane sul versante siriano del Golan.

Secondo l’agenzia di stampa nazionale siriana Sana, dopo aver attaccato la periferia della capitale Damasco, Israele “ha ripreso la sua aggressione lanciando diversi missili sull’est della provincia di Quneitra, uccidendo tre persone e ferendo altri sette soldati”, provocando anche danni materiali.

La tensione all’interno del Paese è cresciuta anche con la popolazione di fede islamica. Nella mattinata di domenica, la polizia israeliana ha disperso con la forza centinaia di fedeli musulmani che cercavano di sbarrare la strada ad un gruppo di nazionalisti di israeliani che stava cercando di entrare nella Spianata delle Moschee (Monte del Tempio per gli ebrei, ndr). Secondo alcuni media palestinesi, gli scontri sarebbero arrivati fin dentro alla Moschea al-Aqsa, tanto da provocare la condanna del Mufti di Gerusalemme, sheik Mohammad Hussein, che, citato dalla agenzia Maan, ha accusato la polizia israeliana di aver attaccato “fedeli in digiuno, e questo negli ultimi dieci giorni del Ramadan”, in un periodo di accresciuta tensione spirituale fra i fedeli. Critiche a Israele sono giunte anche dai dirigenti di Hamas a Gaza.

Anche il rapporto con la popolazione palestinese, nei giorni scorsi, è tornato a farsi più teso, dopo che venerdì un ragazzo di 19 anni ha accoltellato due passanti ebrei, uno dei quali è adesso in fin di vita, nella città vecchia di Gerusalemme, prima di essere ucciso dalla polizia.

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