Cos’è il National Geographic? Guardiamo sulla loro pagina web: The National Geographic Society is a global nonprofit organization committed to exploring and protecting our planet. Gli scopi istitutivi della prestigiosa società americana dunque erano, il 27 gennaio 1888, quando fu fondata, l’esplorazione e la tutela dell’ambiente terrestre.

Da allora la società si è espansa molto, tant’è che non si contano i libri fotografici dedicati ad argomenti o persone che nulla hanno a che fare con gli obiettivi che si prefiggeva in origine, ad esempio un libro su Lady Diana, uno su Papa Francesco, un tot su Gesù e il Cristianesimo, un altro sulla seconda guerra mondiale, e via discorrendo. E, se posso aggiungere un commento personale, mi è sempre sembrato che i suoi documentari siano un po’ troppo edulcorati, spesso simili a quelle un po’ fastidiose trasmissioni tipo la nostrana Alle falde del Kilimangiaro. Dicevo che si è espansa molto, ma adesso rischia anche di fare danni. E questo proprio non va bene.

“Caselle Open Mall, iniziano quest’anno i lavori per l’immenso centro commerciale nei pressi dell’aeroporto”. Questo il titolo trionfale di un articolo di Mole24 (un sito dedicato a Torino e dintorni) che preannuncia l’ennesimo mega centro commerciale (open mall sta per “centro commerciale aperto”) alle porte di Torino. Trecentomila metri quadri di superficie complessiva, di cui 114mila costruiti, per 220 negozi. E questo senza contare la viabilità di accesso e quant’altro. Formula questa dell’open mall che sta prendendo piede ovunque: qui in Piemonte ha fatto da apripista l’outlet di Serravalle Scrivia. Specie di piccoli borghi al cui interno trovi un po’ di tutto dedicato a noi (“consumatori e non uomini”, come avrebbe detto il mai troppo rimpianto Pier Paolo Pasolini), di modo che le superfici di territorio occupate si moltiplicano rispetto a quelle che sarebbero se si realizzasse un centro commerciale chiuso. Dei non luoghi, per dirla alla Marc Augé, enormi e, ovviamente, tutti simili.

Ma cosa c’entra il National Geographic con questo ennesimo polo del terziario? Perché la società si prenderà per sé una parte del costruito. Il predetto sito infatti cita “la collaborazione inedita con National Geographic. La famosissima società sarà largamente presente, proponendo giochi, laboratori, percorsi itineranti e aneddoti inerenti le scoperte e le attività svolte in mezzo alla natura, tra animali e ambienti di ogni genere”. Insomma, tradotto: il National Geographic spiegherà cos’è la natura collaborando alla sua distruzione, visto che l’area su cui verrà realizzato il centro è agricola.

Non è il caso di ricordare ogni volta quanto terreno fertile si consumi ogni anno in Italia. L’ultimo rapporto Ispra ammoniva che sono circa due metri quadrati al secondo (in un’epoca di cosiddetta “crisi” edilizia). E il National Geographic ha appreso la notizia con viva preoccupazione: “Il cemento continua ad avanzare in Italia. In alcune aree del Paese, in cui l’economia si sta riprendendo, il ritmo è in aumento rispetto agli anni scorsi: solo tra il 2016 e il 2017 è stato di 52 chilometri quadrati e il ritmo è stato di due metri quadrati al secondo”.

Gradiremmo, caro National Geographic, un minimo di coerenza, come ha sottolineato una lettera inviata in questi giorni dal forum Salviamo il Paesaggio ai dirigenti della società. Tra l’altro, su questo ennesimo stravolgimento del paesaggio, del territorio, dell’ambiente, pende un ricorso al Tar Piemonte della Federazione nazionale Pro Natura, che dovrà essere discusso a breve, vista l’imminenza dei lavori. Il ricorso si basa essenzialmente sul fatto che, inspiegabilmente, dal punto di vista giuridico (e fattuale) l’enorme opera non è stata sottoposta alla procedura di Valutazione di impatto ambientale!

Lasciatemi concludere, molto banalmente, con un appello rivolto ai soggetti a vario titolo interessati a questa ennesima operazione di depredazione del territorio, dai sindaci, alla regione Piemonte, a quanti altri: non si vive di cemento e asfalto, così come ricordava il capo indiano Seattle: “Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi. Noi almeno sappiamo questo: la terra non appartiene all’uomo, bensì è l’uomo che appartiene alla terra. Questo noi lo sappiamo”. In queste operazioni di terziario che sostituisce il primario questa frase appare particolarmente appropriata.

Articolo Precedente

Codice della strada, la riforma va nella direzione giusta. Ma con gravi dimenticanze

next
Articolo Successivo

Ex Ilva, Bonelli (Verdi): “600 bambini nati con malformazioni a Taranto, ma governo rinvia presentazione dello studio”

next