“Che cos’è questo governo del cambiamento?”, si chiede Andrea Scanzi nel suo spettacolo teatrale “Salvimaio” (da oggi in esclusiva su www.tvloft.it e app TvLoft), ideale seguito di “Renzusconi”.

All’indomani del voto del 4 marzo 2018 in Italia si crea una sorta di governo Frankestein, guidato dal semisconosciuto Giuseppe Conte e nato dal matrimonio tra Lega e Movimento 5 stelle, ma si sono sempre amate queste due forze? Per Andrea Scanzi la risposta è no: “Questo governo è nato perché era l’unico che si poteva fare” ed è fondato su un contratto che sembra piuttosto un patto di non belligeranza. Un rapporto non alla pari quello tra i due partiti di maggioranza, dal momento che il pentastellato Luigi Di Maio non aveva alleanze alternative al suo orizzonte, mentre la Lega salviniana poteva scegliere tra “la giovane amante” Di Maio, oppure “la vecchia moglie” Berlusconi.

Il Salvimaio rappresenta qualcosa di originale: un governo che ha al suo interno maggioranza e opposizione, che raggruppa istanze di sinistra, istanze di destra e istanze di centro. È talmente insolito da far parlare di inizio di una Terza Repubblica, che assume connotazioni che vanno dal “nuovo che avanza” ai “dilettanti allo sbaraglio” e che sembra in bilico su un braccio di ferro perenne tra una Lega prepotente e un Movimento che cerca di non farsi schiacciare.

Il Salvimaio è un nuovo che, come dice lo stesso Scanzi “non vuol dire meglio, vuol dire nuovo” e che, tra “un’informazione finita in un cortocircuito spaventoso” e una platea di intellettuali scatenati dopo una lunga latitanza durata tutto il governo Renzi, non può produrre che un senso di disorientamento generale.

Questa XVIII legislatura segna dunque l’alba di una fase storica in cui non sono pochi quelli che, non sapendo a cosa aggrapparsi, finiscono per guardare con nostalgia al passato, pensando a uomini come Enrico Berlinguer, che avevano un senso nobile della politica.

Andrea Scanzi chiude il suo monologo pervaso di rassegnazione, intervallata da momenti di ironia esorcizzante, citando Indro Montanelli e ricordando che l’importante è non perdere mai la voglia di credere nelle proprie azioni con la speranza che la politica possa tornare a essere una cosa bella.

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