Justin Trudeau, vale a dire il primo ministro canadese, non è un nome troppo noto nel nostro Paese. Sapere che la sua scalata politica è iniziata a seguito di una vittoria sul ring lo rende di certo più interessante, ma siccome anche questa è una parte della storia non troppo famosa, i registi Eric Ruel e Guylaine Maroist hanno pensato di realizzare un documentario, “God Save Justin Trudeau”, disponibile in abbonamento su sito (https://www.tvloft.it/) e app di TvLoft, sull’incontro di boxe più importante della storia canadese.

Il 31 marzo 2012, a Ottawa, in occasione di una raccolta fondi per la ricerca contro il cancro, si fronteggiano sul ring Justin Trudeau, allora parlamentare di Papineau, distretto elettorale canadese da 110mila abitanti, e Patrick Brazeau, senatore del partito conservatore. O meglio, Patrick Brazz “cazzotto” Brazeau. L’opinione pubblica non ha certo dubbi sul vincitore: Trudeau, ex supplente di teatro, è spesso sminuito, etichettato come stupido, pietoso, “una conchiglia vuota”. Per tutti Justin, figlio di uno storico primo ministro canadese, Pierre Trudeau, non è che la “Paris Hilton dei politici”: un giovane ambizioso cresciuto negli agi che del padre non ha ereditato certo la stoffa. Breazeau è un mastodontico veterano della Marina militare, cintura nera di karate, è il pugile dei due che prima dell’incontro riceve gli auguri del primo ministro conservatore, Stephen Harper, e, come se non bastasse, è anche più giovane di Trudeau. Patrick è cresciuto in strada, Justin nella residenza ufficiale del primo ministro. In comune hanno la chioma e i tatuaggi, ma tutto su Brazeau sembra avere un effetto più incisivo. Un incontro tra colletti bianchi, un deputato contro un senatore. Davide contro Golia. L’unico convinto che potesse vincere Justin Trudeau era Justin Trudeau: “Per essere un buon politico e un buon pugile devi saper gestire la pressione”.

“Una stupefacente metafora della vita politica”, commenta il regista Maroist. In quel momento storico, Justin su quel ring, sembra rappresentare la difficoltà che il partito liberale canadese stava vivendo, con un numero sempre minore di parlamentari e sempre meno sostegno: “Senza guida, senza soldi – si apre con queste parole il docu-film – il partito liberale è dato per morto”.

Liberali e Conservatori sono sul ring sin dalla fine del XIX secolo, ma per molto tempo questo incontro non ha visto rivali: il partito liberale in Canada ha governato per un secolo, del tutto incontrastato. Tuttavia l’inizio del nuovo secolo ha segnato una svolta, con l’ascesa al potere dei conservatori: “Un incidente di percorso” commenta Trudeau nel documentario.

“Non è solo questione di vincere o di perdere, ma di come si vince un incontro”. E Justin lo sa bene perché pratica la boxe da tutta la vita: “E’ un matrimonio perfetto tra intelletto, cuore e fisicità”. Trudeau mette così in atto la tattica dei russi contro i nazisti nella Stalingrado del 1942: stancare l’avversario e colpirlo quando è finito. “Vola come una farfalla e punge come un’ape”, avrebbe commentato lo storico pugile statunitense, Muhammad Ali. Brazeau, che al suo avversario avrebbe voluto far provare la sensazione di essere “investito da un camion di 18 ruote”, va al tappeto, e Trudeau non vince solo sul ring ma dà inizio a una vera scalata politica: con la sua vittoria riesce a trasformare la percezione dell’opinione pubblica e non solo. Il 14 aprile del 2013 Justin Trudeau è eletto leader del partito liberale con l’80% del consenso nel partito; il 19 ottobre 2015 diventa il primo ministro canadese.

Tutto altro destino per Patrick Brazeau che nel 2013 è stato accusato di frode e appropriazione indebita dalla Gendarmeria reale del Canada; in seguito è stato arrestato perché in possesso di droga e poi accusato di minacce di morte e aggressione sessuale. E’ stato quindi espulso dal Partito conservatore e sospeso dal Senato: è poi diventato il direttore di uno strip club nel centro di Ottawa. “Mai sottovalutare il potere dei simboli nel mondo di oggi”. Parola di Justin Trudeau.

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