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Ponte Morandi, il costo civile ed economico della camorra

Ponte Morandi, il costo civile ed economico della camorra
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Quando parlano di sblocca cantieri, della lentezza con cui i lavori vengono eseguiti, del groviglio di liti che ogni affidamento pubblico produce, ricordate sempre che parecchia della responsabilità ce l’ha la criminalità organizzata. Non tutta, ma parecchia sì. Se il mondo dell’edilizia è infestato da imprese che risalgono direttamente o indirettamente a boss o delinquenti abituali è anche perché la criminalità investe nel cemento una gran massa dei suoi capitali. Difendersi dalle aggressioni criminali significa irrigidire il codice degli appalti. L’irrigidimento produce ritardo che si aggiunge a quello conosciuto e oramai incorreggibile della burocrazia. Si può sbloccare il cantiere, decidere che ogni opera dev’essere conclusa al più presto, saltare i controlli, si può alzare la soglia della trattativa diretta senza gara. Ma si deve mettere in conto di quel che si toglie: la trasparenza, la qualità dei lavori e un gran numero di imprese oneste mandate fuori dal mercato.

Non sono dunque solo le pallottole vaganti, come quella che ha squarciato i polmoni della piccola Noemi qualche giorno fa a Napoli, il costo vivo che la criminalità organizzata impone alla società civile. Ci sono, e non sempre vengono compresi nella definizione della questione criminale che stringe alla gola la nostra democrazia, enormi costi economici, industriali e anche culturali. Gomorra, la serie tv, ci coinvolge tanto, ci prende tanto, ci emoziona tanto, e ci fa stare svegli, attenti, partecipi. Invece le gesta dei camorristi veri ci annoiano, al punto che gli agguati, se non sono mortali, al telegiornale neanche passano più.

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