Svolgono una professione che le gratifica molto ma che le porta a passare diverse ore con i bambini in braccio. Oppure inginocchiandosi per giocare con i piccoli. In più, devono ovviamente relazionarsi con le figure genitoriali. Almeno il 50% delle lavoratrici degli asili nido e delle scuole per l’infanzia – maestre, educatrici, operatrici, addette alla cucina e personale ausiliario – riscontra la presenza di problemi fisici alla schiena e ha vissuto aggressioni verbali ai loro danni nella relazione con i genitori dei bambini. È quanto emerge da “Abbi cura di te”, una ricerca di Fp Cgil e Inca Cgil in collaborazione con la Fondazione Di Vittorio sulle condizioni di lavoro negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia, basata su un’indagine svolta su un campione di oltre 600 lavoratori: il 97% sono donne.

Parliamo di educatrici (65%), maestre (11%), operatrici (12%), addette alla cucina (7%) e il restante personale ausiliario. A spiegare la fotografia che emerge è Federico Bozzanca, segretario nazionale della Funzione Pubblica della Cgil: “Non tutto quello che rientra in questo 50% può essere definibile come malattia professionale ma siamo di fronte ad un campanello d’allarme. C’è un fortissimo rischio non solo in termini di salute ma anche dal punto di vista psico-sociale. Siamo di fronte ad un lavoro che è definito gravoso non usurante. Il problema non è legato all’orario di lavoro. Un conto l’occupazione nel settore pubblico un conto quello nel privato: nel secondo caso l’orario è più elevato. Quello che ricaviamo dalla ricerca, comunque è che il problema è più legato ai carichi di lavoro. In un nido in cui non si mandano più le supplenti per carenza di personale quando una delle educatrici va in malattia è automatico che il lavoro raddoppia. Avere a che fare con cinque o sei bambini non è la stessa cosa che avere a che fare con dodici. Tra l’altro nel contratto nazionale sono previsti dei parametri che non sempre vengono rispettati: di norma il rapporto dovrebbe essere di uno a sei ma purtroppo alcune Regioni hanno derogato a questo vincolo arrivando anche ad un rapporto di uno a nove”.

L’indagine restituisce una descrizione abbastanza critica delle condizioni di lavoro . Dai risultati emerge una presenza diffusa e diversificata di disturbi fisici, che descrivono una situazione professionale in cui possono presentarsi problemi diffusi all’apparato muscolo- scheletrico. Nella gran parte dei casi i problemi più rilevanti riguardano la schiena e le spalle e l’incidenza di questi disturbi cresce nel caso delle educatrici e delle maestre. Inoltre, è da evidenziare che il 40,6% delle intervistate afferma di soffrire di lombalgie acute. La compresenza di disturbi, che interessano tutto l’apparato muscolo-scheletrico, è data dalla peculiarità degli sforzi fisici a cui sono sottoposte le lavoratrici, che interagiscono con i bambini prendendoli in braccio così come inginocchiandosi. Complessivamente, il 41,6% afferma di passare oltre un quarto del tempo di lavoro con i bambini in braccio e il 63% in ginocchio o a terra. I valori crescono o diminuiscono in funzione della mansione svolta. Le educatrici, in particolare, sono le professioni maggiormente sottoposte a questo genere di condizione.

Insieme ai problemi di schiena, quasi il 60% delle lavoratrici lamenta una riduzione sostanziale dell’udito. Un altro ambito rilevante è quello dei rischi psico-sociali che la professione porta con sé. Le lavoratrici, infatti, sono esposte a un elevato numero di rischi psico-sociali che provocano la riduzione dell’energia, una fatica profonda e disturbi del sonno che colpiscono più della metà del campione. Vi è poi il problema della relazione con i genitori dei bambini. Le educatrici e le maestre sono maggiormente a contatto con i genitori o i responsabili dei bambini che, nel 52% dei casi per le maestre, porta ad aggressioni verbali ai danni delle lavoratrici. “E’ chiaro – continua Bozzanca – che negli ultimi anni anche a seguito dei tagli che sono stati fatti, alla carenza di personale il fenomeno delle mancate sostituzioni ha ulteriormente aggravato le situazioni. Spesso le educatrici si sobbarcano il lavoro del personale di assistenza o quello amministrativo. Quando si risparmia sul costo del personale chi ne paga le conseguenze è chi resta in servizio. Stiamo parlando tra l’altro di un personale sempre più anziano: il blocco del turnover ha portato ad un aumento dell’età. Stupisce che l’unico interesse della politica sia quello di mettere le telecamere di videosorveglianza nei nidi”.

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