Serve una normativa nazionale per regolamentare le attività di lobbying in Italia. Se dal governo non si muove nulla, in Parlamento poco cambia: ci sono sei proposte di legge depositate, ma nessuna è ancora approdata alla fase di discussione”. A rivendicarlo Federico Anghelè, responsabile delle relazioni istituzionali di “Riparte il Futuro”, nel corso della conferenza “Next Lobbying” organizzata a Roma al Centro studi americani. “Qualcosa si è mosso a livello ministeriale. Il ministro allo Sviluppo economico Luigi Di Maio ha confermato quanto fatto dal predecessore Carlo Calenda, rendendo pubblica l’agenda degli appuntamenti (iniziativa estesa per il dicastero del Lavoro, per il quale è sempre titolare il capo politico M5s, ndr), mentre la collega leghista Giulia Bongiorno ha cancellato il registro previsto per la Pubblica amministrazione, un passo indietro rispetto a quanto fatto dalla collega Marianna Madia nella scorsa legislatura”, ha sottolineato Anghelè.

Si tratta però di iniziative, sottolinea, “ancora insufficienti”. Come quella fatta dalla Camera dei deputati a marzo 2017, quando l’ex presidente Laura Boldrini promosse la via dell’autoregolamentazione, con quel registro delle lobby rimasto però del tutto carente. Un’incompiuta, a causa delle resistenze dei deputati: tra mancanza di sanzioni, relazioni annuali non pubblicate (o non arrivate) e risposte insufficiente, è rimasto soltanto un libro delle buone intenzioni. Ma pesa soprattuto l’assenza di un registro simile anche al Senato, immobile sul tema. Di fatto, rendendo inutile, considerato il nostro sistema bicamerale, l’iniziativa di Montecitorio, come mostrò anche un’inchiesta di Fq Millennium, con finti-lobbisti che spacciandosi per emissari di una lobby inesistente hanno strappato promesse ai deputati, al di là del registro. “Per questa ragione e anche perché spesso queste iniziative sono caotiche e poco sistemiche, spingiamo affinché venga introdotta una normativa nazionale”, ha sottolineato Anghelé. Convinto che serva poi che non solo il lobbysta, ma anche il decisore pubblico sia più trasparente: “Mi sento di pretendere di sapere chi ha consultato, quali competenze ha acquisito per arrivare a determinate decisioni”. Ma non solo: “Serve poi maggiore prevenzione, non basta che la corruzione venga interpretata solo sul piano penale. Per questo preoccupano gli attacchi arrivati da esponenti del governo contro l’autorità Anticorruzione”, ha aggiunto. Per poi ammonire i ministri Giulia Bongiorno e soprattuto Riccardo Fraccaro per la loro assenza al convegno: “Li avevamo invitati, ma hanno declinato, forse per altri impegni. Ma da un ministro con la delega per la democrazia diretta ci aspettavamo maggiore attenzione”. 

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