Una trentina di giornalisti e professionisti della comunicazione sono stati messi sotto accusa in Francia per aver molestato e offeso in rete altri utenti. Nella maggior parte dei casi le vittime erano colleghe, militanti femministe, straniere e lesbiche. Il gruppo è stato creato su Facebook nel 2009 con il nome “La Ligue Du Lol” (letteralmente “la lega della risata”), creato nel 2009 da alcuni utenti particolarmente influenti online e già noti nell’ambiente. Il caso è scoppiato su Twitter la scorsa settimana ed è arrivato fin nelle redazioni, tanto che alcuni degli autori di quegli atti definiti di cyberbullismo sono stati sospesi in via precauzionale e rischiano il licenziamento. Libération, giornale per cui lavorava il fondatore del gruppo Facebook Vincent Glad e un altro dei protagonisti Alexandre Hervaud, ha aperto un’inchiesta interna e ha dedicato la prima pagina al tema. “Facevamo degli scherzi”, si è giustificato Glad pubblicando su Twitter una lunga nota di scuse. “Non c’è mai stata un’ossessione antifemminista. Prendevamo in giro tutto e tutti”. E ancora: “Il nostro obiettivo era solo divertirci”.

Con l’hashtag #LaLigueDuLol sono tante le testimonianze che sono state condivise dalle presunte vittime su Twitter. Ad esempio la videomaker Florence Porcel ha scritto di aver subito “un’aggressione di gruppo su Twitter”. Ma non solo: un giorno le hanno telefonato e hanno fatto finta di offrirle un lavoro in una trasmissione importante, poi hanno diffuso la registrazione finta in rete per deriderla. Infine sono “andati sul suo luogo di lavoro per prenderla in giro”. Mélanie Wanga ha invece detto di aver subito degli attacchi razzisti: “Si trattava di ragazzi bianchi e ben inseriti nell’ambiente”, si è sfogata su Twitter, “circondati da ragazze cool che si univano al gruppo delle molestie perché ‘why not’? La Ligue du Lol era un gruppo piramidale dove i molestatori aggredivano per dimostrare i capi che avevano valore”. Quello che emerge dalle denunce in rete è un sistema in cui i giornalisti, più o meno potenti, potevano agire indisturbati perché, raccontano in tante, nessuna aveva il coraggio di mettersi contro colleghi già ben inseriti nell’ambiente. Tra i casi che sono emersi c’è anche quello raccontato dal blogger Matthias Jambon-Puillet su Medium: a lungo ha ricevuto insulti anonimi su di lui e sul suo lavoro, ma pure fotomontaggi “di cui uno pornografico inviato a suo nome a dei minorenni”. Tra le tante c’è anche la storia di Capucine Piot che su Twitter ha raccontato delle continue vessazioni e derisioni ricevute quando aveva solo 21 anni. Altre hanno detto di essere state costrette a sospendere gli account per molti mesi.

Non solo Libération ha deciso di prendere posizione. Le storie che hanno iniziato a circolare hanno portato i quotidiani coinvolti a prendere posizione sul tema. Come rivelato da le Monde, David Doucet, caporedattore del settimanale Les Inrockuptibles è stato sospeso e contro di lui è stata aperta una procedura di licenziamento. Stephen des Aulnois, caporedattore du Tag parfait (giornale online della cultura pornografica) si è autosospeso. Il sito di podcasts Nouvelles Ecoutes ha interrotto la trasmissione di Guilhem Malissen. Sospesi anche Guillaume Ledit e Renaud Loubert-Aledo da Usbek & Rika. La segretaria di Stato per le Pari opportunità Marlene Schiappa è intervenuta su Twitter per dare il suo sostegno alle vittime: “Non è internet a essere spietato”, ha scritto, “ma l’uso che ne facciamo”.

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