Avrebbe costretto una ragazzina palermitana di 12 anni a infliggersi tagli sul corpo e inviare le foto come prima delle 50 prove di coraggio del Blue Whale Challenge, spacciandosi per ‘curatrice’ (cioè chi dà le regole a chi decide di giocare), con la complicità di un minorenne e dietro minacce di morte. Per questo il gup Anna Magelli ha mandato a giudizio davanti al giudice monocratico della nona sezione penale del Tribunale di Milano una 23enne. Le accuse: atti persecutori e violenza privata aggravati. E’ il primo che va a processo nel capoluogo lombardo.

La vicenda è nata in seguito a un’inchiesta sul fenomeno, da parte di una giornalista che fingendosi minorenne pronta alla ‘sfida’, ha aperto un profilo sui social ed è entrata in contatto con la ragazzina di Palermo (oggi 14enne) che aveva davvero iniziato a giocare con la 23enne imputata. Da qui la denuncia della stessa giornalista alle forze dell’ordine per segnalare i pericoli che stava correndo l’adolescente e l’avvio dell’indagine coordinata dal pm di Milano Cristian Barilli.

Come si legge nel capo di imputazione, la 23enne, con la complicità di un 16enne di origini russe, avrebbe provocato nella vittima “un perdurante e grave stato di ansia e di paura” per la propria incolumità. La giovane imputata, tra il maggio e il giugno del 2017 avrebbe contattato la ragazzina mediante profili Instagram e Facebook come ‘curatorlady’.

“Cinquanta prove quotidiane – è scritto nel documento – consistenti in atti di autolesionismo” o altri atti con lo scopo di “recare dolore e/o disagio alla persona, sino alla prova conclusiva consistente nel suicidio mediante salto nel vuoto dal tetto di un edificio”. La donna, risulta dagli accertamenti informatici, avrebbe indicato e imposto alla vittima i gesti da compiere, peraltro concordati con il giovane complice. “Se sei pronta a diventare una balena – recita uno dei messaggi inviati alla minorenne siciliana – inciditi ‘yes’ sulla gamba, se non lo sei tagliati molte volte per autopunirti“. Oppure: “Prendi il rasoio (…) ora ti fai un taglio sotto il piede sinistro e un taglio sotto il piede destro, un taglio sul palmo della mano destra e un altro sul palmo della mano sinistra e mi invii le foto” come prova. La presunta ‘curatrice’ avrebbe reiterato le “proprie minacce” e la propria “capacità intimidatoria” avvisando la ragazzina di conoscere il suo “indirizzo Ip di connessione”, cioè il luogo da cui si connetteva e quindi di poter “raggiungerla e ucciderla qualora avesse interrotto la partecipazione alla ‘Blue Whale Challenge'”. Di tutt’altra idea l’avvocato Isabella Cacciari, difensore della 23enne, che aveva ha chiesto “il non luogo a procedere per la sua assistita perché negli atti […] non ci sono gli elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio”.

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