È stato il padre della Protezione civile, strenuo sostenitore, dopo ogni catastrofe, a partire dal terremoto del Friuli del 1976, del “ricostruire tutto com’era e dov’era”. È morto all’età di 85 anni Giuseppe Zamberletti. Da tempo malato, era ricoverato in ospedale a Varese.

“Un amico, un maestro, una guida”, ha commentato Angelo Borrelli, attuale capo della Protezione civile. “Oggi perdiamo uno straordinario conoscitore della fragilità del nostro Paese – ha aggiunto – un uomo che per primo intuì la necessità di distinguere la fase del soccorso in emergenza da quella fondamentale della previsione e della prevenzione dei rischi naturali”. “Addio a Giuseppe Zamberletti: un uomo che ha servito il nostro Paese con fedeltà, passione, ingegno. Un uomo coraggioso che ha saputo scegliere, decidere e intervenire spesso contro tutto e tutti – ha scritto su Facebook l’ex capo del Dipartimento, Guido Bertolaso – Un uomo che andò a prendere in mari lontani migliaia di profughi – donne e bambini – cacciati da regimi dittatoriali. Un uomo di geniali intuizioni troppo presto messo da parte perché libero e sincero. Un uomo giusto, un Grande d’Italia”. “Grazie a Giuseppe #Zamberletti la Protezione civile italiana è diventata un esempio da seguire nel mondo.Per onorare la sua memoria lavoriamo per avere presto una efficiente protezione civile europea”, ha twittato invece il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani.

Anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha ricordato Zamberletti. “Chiamato spesso in campo come l’uomo delle situazioni difficili, Zamberletti, nella sua lunga attività parlamentare e di governo è stato uomo di realizzazioni concrete, proiettato alla costruzione di servizi più moderni ed efficienti, capace di coinvolgere le autonomie territoriali e le formazioni intermedie nell’opera del bene comune”, ha detto il Capo dello Stato. “Al suo impulso e alla sua guida – ha aggiunto – si deve la costituzione del dipartimento della Protezione civile, contributo importante alla crescita e alla sicurezza del nostro Paese. Le esperienze di soccorso e di ricostruzione seguite ai terribili terremoti del Friuli e dell’Irpinia, la straordinaria impresa del salvataggio dei boat-people vietnamiti profughi nel mar della Cina, calamità che Zamberletti affrontò da commissario, portarono governo e Parlamento a dotare il Paese di una struttura in grado di intervenire nelle emergenze con professionalità e tecnologie adeguate, mettendo in campo un’organizzazione efficiente, divenuta sempre più struttura d’eccellenza, capace di coinvolgere e valorizzare il contributo del volontariato. La Repubblica gli è grata per ciò che ha saputo dare alla comunità”.

La vita – Parlamentare della Democrazia Cristiana fin dal 1968, si occupa di tematiche riguardanti la sicurezza dei cittadini. Quattro anni dopo, nel ’72, ricopre l’incarico di Sottosegretario all’Interno, prima nel governo di Aldo Moro e poi in quello di Giulio Andreotti. Assume anche la delega alla Pubblica sicurezza, antincendio e protezione civile. Non esiste ancora il dipartimento di Protezione civile.

Il primo disastro naturale affrontato è quello del 1976. Il 6 maggio il Friuli viene colpito da un violento terremoto, 6,4 della scala Richter: perdono la vita oltre 900 persone. Zamberletti viene nominato Commissario Straordinario e il governo gli dà carta bianca. “L’articolo che stabiliva i miei poteri lo scrisse personalmente Cossiga e diceva: ‘Il commissario agisce in deroga a tutte le leggi ivi comprese quelle sulla contabilità generale dello Stato'”, ha raccontato lui stesso a ilfattoquotidiano.it nel 2016, in occasione dell’anniversario dei 40 anni dal sisma. Per affrontare l’emergenza si affida ai sindaci a cui delega ulteriori poteri e decide di dire “no” alle new town, preferendo invece ricostruire le case esattamente dov’erano prima. “L’idea condivisa, da subito, fu che il cittadino aprendo la finestra avrebbe dovuto vedere lo stesso scorcio di montagne, lo stesso panorama che vedeva prima”, è sempre il racconto del 2016.

Nel 1980 il padre dalla Protezione civile deve fronteggiare un altro terremoto: quello tra la Campania e la Basilicata. L’Irpinia è praticamente rasa al suolo e ci sono 2.914 morti. L’Italia però non ha ancora un dipartimento della Protezione civile. Così l’esperienza maturata nelle due diverse calamità porta Zamberletti a convincersi che i disastri, sia naturali sia legati all’attività dell’uomo, non possono essere affrontati solo a posteriori: è necessaria un’attività di prevenzione e previsione. Ma è solo nel 1981, dopo la vicenda di Alfredino Rampi, il bambino caduto in un pozzo artesiano a Vermicino, che avviene la svolta. Nello stesso anno il presidente della Repubblica Sandro Pertini gli affida, come alto commissario, gli strumenti organizzativi della nuova Protezione civile. Nel 1982 viene nominato ministro per il Coordinamento della protezione civile, diventando il primo Capo del Dipartimento appena creato. “È il giorno – ricorda la Protezione civile – in cui, in Italia, si volta pagina nella gestione delle calamità sul territorio nazionale. Un percorso che terminerà con la legge 225 del 1992 che rappresenterà il traguardo di un progetto iniziato dieci anni prima”.

Zamberletti è ministro organizzatore e coordinatore del nascente sistema nazionale di protezione civile per il 1982 e poi ancora dal 1984 al 1987, in gran parte sotto il governo di Bettino Craxi. Ma la fine delle esperienze ministeriali non ferma il politico che per anni continua a interessarsi a quel mondo da lui stesso creato. Nel 2007 viene infatti nominato presidente della Commissione Grandi rischi. Scaduto il mandato continua a far parte del Dipartimento, diventando presidente emerito, carica che ha mantenuto fino a oggi.

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