Mentre alle strutture di accoglienza di tutta Italia stanno arrivando lettere dalle prefetture in cui si chiede l’immediata applicazione delle norme previste dal decreto Sicurezza, decine di persone che non rientrano nei nuovi criteri di accoglienza vengono lasciate per strada e gli operatori cercano le parole per spiegare ai richiedenti asilo ospitati nei centri quali saranno le principali conseguenze del decreto che molti pagheranno sulla propria pelle. “Si stima una perdita di 15.000 posti di lavoro per operatori dell’accoglienza italiani e tra i 40 e i 100.000 richiedenti asilo che verranno esclusi dal sistema di accoglienza” è il triste bilancio degli addetti ai lavori in uno Sprar di Genova. “Le persone verranno lasciate senza documenti e prospettive al loro destino per le strade di tutta Italia, proprio mentre le politiche sovraniste dei Paesi dell’Unione europea portano alla chiusura delle frontiere impedendo il transito dei migranti tra i paesi comunitari e non ci sono soldi né fondi per procedere con rimpatri collettivi che andrebbero comunque in contrasto con le normative del diritto internazionale”.
Una situazione che difficilmente può ritenersi utile ad aumentare la percezione di ‘sicurezza’ dei cittadini italiani, come sottolineano al Fatto.it gli stessi richiedenti protezione umanitaria che, a partire da domani, dovranno ridefinire le loro prospettive sul futuro, dopo due anni di attesa nelle strutture di accoglienza. “Come operatori sarà sempre più difficile restare umani in un contesto di barbarie – si sfoga il responsabile di una comunità che preferisce restare anonimo per paura di ripercussioni – da educatori e accompagnatori all’inclusione sociale rischiamo di diventare il braccio esecutivo di politiche miopi e razziste, dobbiamo trovare il coraggio di unirci e opporci”.
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