Come in tutti i matrimoni di convenienza, è bene mettere prima le cose in chiaro. E l’alleanza tra Südtiroler Volkspartei e Lega di Salvini per amministrare la provincia autonoma di Bolzano (e per quota parte la Regione Trentino Alto-Adige) non è nient’altro che un accordo obbligato, dopo la flessione della Svp (41,9 per cento) alle elezioni di ottobre, con conseguente riduzione dei consiglieri a 15 e soprattutto dopo l’avanzata leghista (11,1 per cento) che nella provincia altoatesina ha ora quattro seggi. Salvini ha anche conquistato la Provincia di Trento ed è il gruppo di maggioranza relativa in consiglio regionale.
E così, se matrimonio dev’essere, ecco aperto il tavolo per individuare il contratto che legherà indissolubilmente gli sposi per i prossimi cinque anni. La Svp, riunita nel Parteiausschuss, ha esaminato la proposta di Arno Kompatscher, governatore uscente e rientrante, di arrivare a una alleanza con la Lega. Ma con parecchie condizioni, tutte da verificare, perché all’interno del partito non tutti sono d’accordo a lasciare dopo venticinque anni la storica unione con il centrosinistra. A favore si sono espressi in 65, contrari 11, astenuti 7. E Kompatscher ha commentato piuttosto freddamente: “Non si tratta di un matrimonio d’amore”.
I dubbi riguardano tre punti considerati pregiudiziali, tanto che al Carroccio verrà chiesta – addirittura prima dell’avvio delle trattative – la firma su un elenco di valori condivisi. Ossia il riferimento all’Unione Europea, la tutela delle minoranze linguistiche (che poi in Alto Adige minoranze non sono) e degli emarginati. Svp sa, infatti, che la Lega è un alleato scomodo, ma in qualche modo necessario. Da sempre il partito ha seguito una linea pragmatica nei rapporti con il potere centrale romano. Non a caso da alcuni decenni l’intesa con il centrosinistra era ferrea, come hanno dimostrato le elezioni politiche di marzo, quando Matteo Renzi paracadutò a Bolzano la ministra uscente Maria Elena Boschi che venne eletta grazie ai voti dei sudtirolesi. Ma adesso tutto cambia. È con il nuovo potere politico che Svp deve fare i conti. E il Partito democratico, con il suo unico consigliere, è rimasto al palo.
Si profila però un accordo tecnico, più che politico, che quindi non darà vita a un’intesa per le elezioni europee di primavera. Svp teme, infatti, l’antieuropeismo di Salvani che nella campagna elettorale inevitabilmente emergerà. La trattativa con la Lega non si annuncia breve, al punto che qualcuno ha ipotizzato il varo della giunta solo per gennaio. Tra i punti in discussione, c’è ad esempio il problema della toponomastica che alla luce di una recente sentenza della Corte Costituzionale, dev’essere perfettamente bilinguista. Ovvero, italiana e tedesca (o ladina). La decisione della Consulta è stata presa in riferimento alla denominazione del Comune di Sèn Jan di Fassa – Sèn Jan che è stata bocciata perché l’italiano praticamente era scomparso. E così il Comune dovrà chiamarsi San Giovanni di Fassa – Sèn Jan.
La Lega, la cui delegazione sarà guidata dal segretario Massimo Bessone, risponderà a sua volta con un decalogo di punti, tra cui la sicurezza nei luoghi degradati, le case da destinare agli autoctoni (una specie di “Prima i sud-tirolesi”, in linea con il “Prima i veneti” di Luca Zaia a Venezia). “Al primo punto ci saranno i temi legati al gruppo linguistico e alla convivenza – ha dichiarato Bessone ai giornali locali – Non vogliamo passare cinque anni a discutere di doppio passaporto e toponomastica, per noi va bene quello che prevede lo Statuto d’autonomia”.
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