In Italia aveva fatto la commessa, ma la società che le dava lavoro era fallita. Nuove prospettive? Poche o nulle perché nel nostro Paese dopo i trentacinque anni la strada si fa in salita. Troppo. Ma si può rinascere a 26 ore di volo di distanza. Da due anni Linda Addario, 39 anni, laureata in Storia e originaria di Pescara, vive a Perth, capitale dell’Australia occidentale con due milioni di abitanti. Fa l’assistente di volo per una multinazionale da 38mila dipendenti che ha la sede centrale a Dubai e opera in 131 aeroporti sparsi in tutto il pianeta. È già assunta a tempo indeterminato, e può contare su un mese di ferie retribuite – durante le quali torna in Italia -, sull’assistenza sanitaria e su una pensione futura assicurata.

“Ha inciso il fatto che, oltre a un buon inglese, parlassi anche spagnolo e italiano”. E per trovare lavoro ci ha messo “appena tre mesi”. C’è riuscita usando “un motore di ricerca dedicato molto in voga qui, seek.com.au. Ho fatto il colloquio al giovedì mattina, e al lunedì ero assunta”. La qualifica di assistente certificata di volo Linda l’aveva ottenuta in Italia, “ma non avevo mai potuto usarla. Non c’era sbocco e a complicare il quadro c’erano i tristemente noti limiti di età”. Dove lavora adesso “assumono a qualsiasi età. Ho colleghi giovanissimi, ma pure sessantenni. Non c’è discriminazione anagrafica, tant’è che quando si invia il curriculum non si è obbligati a dichiarare l’età. Non te la chiedono nemmeno. C’è un continuo ricambio occupazionale, puoi scegliere la professione, il mestiere che vuoi. E il mobbing non sanno proprio cosa sia, tutti vanno a lavorare col sorriso ”.

Il contratto a tempo indeterminato le è arrivato pochi mesi dopo il suo arrivo. “All’inizio sono stata assunta con un contratto casual, un po’ l’equivalente di quelli italiani ‘a chiamata’, ma con differenze sostanziali: non è che ti chiamano all’improvviso o quando vogliono loro, per esempio. Anche da casual ho sempre goduto di orari regolari, con una base di venti ore lavorative alla settimana. Dopo neanche un anno è arrivato il tempo indeterminato, un part time a venti ore più la possibilità reale di allargare l’orario a piacimento, e con questo aumenta lo stipendio. E i turni vengono comunicati con settimane di anticipo, in modo da potersi organizzare per tempo. Io di solito sono in servizio per 25 o 30 ore alla settimana, non di più solo perché ho un secondo lavoro da personal trainer”. Lo stipendio è alto, ma lo è anche il costo della vita.

“Con 38 ore a settimana prendo quattromila dollari al mese. Dipende dai turni. Per darti un’idea, di affitto pago sui 1200 dollari al mese, al ristorante ceni con 20, 30 euro ma gli autobus sono gratuiti in città. Nel complesso, posso dire che sia una vita agiata”. Ma perché si è trasferita dall’altra parte del mondo? “Ho sempre desiderato conoscere realtà diverse dalla mia, sono sempre stata attratta dalla cultura anglosassone. Non mi ha spaventato venire a vivere qui, anzi, mi affascina essere tanto distante. E l’Australia conserva ancora la sua aura di mistero. Amo la sua natura immensa, gli spazi rarefatti, il crocevia di culture, la meritocrazia. Sei quello che meriti”. Con lei c’è suo figlio, che “ha 16 anni e lavora due o tre volte alla settimana oltre a studiare con profitto nella scuola pubblica. Anche tutti i suoi amici lavorano e studiano contemporaneamente. Sono orgogliosa di lui: è già bilingue e sta imparando il giapponese. S’è ambientato talmente bene che non vuole tornare in Italia nemmeno in vacanza”. E a te, Linda, manca il nostro Paese? “Mi mancano solo gli arrosticini”.

(aggiornato da Redazione Web il 23 novembre 2018 alle 10.28)

Articolo Precedente

“In Kuwait gestisco un marchio di pizzerie napoletane. L’Italia non si accontenti di un sistema marcio”

next