“Il nostro esercito è dispiegato. Abbiamo 5mila soldati, arriveremo a 10-15mila“. È l’ultima mossa annunciata dal presidente americano Donald Trump per fermare la carovana di honduregni che da oltre due settimane risale il Centroamerica diretta verso gli Usa. Parlando con i giornalisti nei giardini della Casa Bianca, Trump ha aumentato ancora il numero di 5mila soldati a cui aveva fatto riferimento lo scorso lunedì, già di molto superiore agli 800 di cui si era parlato in un primo momento. E ciò nonostante il fiume umano di migranti – ormai molto ridotto nei numero: dei 7mila che erano entrati in Messico sono rimasti non più di 4mila – si trovi ancora a Juchitan, nello stato di Oaxaca, una città a 700 chilometri a sud della capitale Città del Messico e a molte settimane di cammino dal confine.

Nel frattempo, però, c’è almeno un altro nutrito gruppo di migranti che si è messo in cammino dai propri Paese seguendo l’esempio dei compatrioti. Sono circa 2mila, hanno superato martedì il rio Suchiate che divide il Guatemala dal Messico e come i loro predecessori hanno respinto l’offerta del presidente messicano Enrique Pena Nieto, che avrebbe garantito loro permessi di lavoro temporanei subordinati alla richiesta d’asilo. Il ministero dell’Interno messicano ha annunciato che due honduregni ricercati dalla giustizia nel loro Paese, uno per triplice omicidio e l’altro per traffico di droga, sono stati arrestati e rimandati in Honduras in aereo. Le autorità non hanno però precisato in quale delle due carovane viaggiassero.

Negli ultimi giorni Trump ha lanciato nuovi anatemi su Twitter nei confronti dei caminantes. “Il mondo sta usando le nostre leggi a nostro svantaggio – ha tuonato – Ridono della stupidità che vedono! In quelle carovane ci sono dei guerriglieri, soggetti molto difficili”, che i soldati messicani “non sono stati capaci o non hanno voluto fermare”. “Mobiliteremo l’esercito al confine meridionale”, ha scritto ancora. “Non lasceremo entrare queste carovane, in cui ci sono anche delinquenti e membri di gang, negli Usa. Il nostro confine è sacro, devono entrare legalmente. Tornate indietro!”.

E martedì è giunta a Juchitan, la città dove si trova attualmente la prima carovana, una fornitura di aiuti umanitari provenienti da Città del Messico, comprende due unità mediche equipaggiate con un laboratorio, tavoli per esami, macchinari a ultrasuoni e per elettrocardiogramma, con i quali i profughi potranno essere sottoposti a esami medici. La Commissione messicana per i diritti umani ha inoltre riferito in una nota che il personale della Procura generale è a Juchitan per fornire supporto ai migranti che hanno bisogno di consulenza legale e informazioni sul loro status migratorio.

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