di Carolina Bonsignori

L’Erasmus impact study (Eis) è uno studio condotto dalla sezione Educazione e cultura della Commissione europea nel 2014 per valutare l’impatto della mobilità internazionale (legata al progetto Erasmus e non) sullo sviluppo della personalità e delle capacità degli studenti, così come sul livello di internazionalizzazione degli istituti di istruzione superiore. Rispetto agli studenti, l’obiettivo dello studio è quello di valutare il livello di impiegabilità degli studenti e degli ex studenti che hanno partecipato a programmi di mobilità per studio, lavoro e alta formazione.

L’impiegabilità è un concetto di difficile definizione. Nell’Eis si specifica che questo fattore è da intendersi non solo come insieme di capacità pratiche e professionali dell’individuo (le cosiddette hard skills), ma anche come caratteristiche individuali legate alla personalità (le soft skills), come l’indipendenza, la sicurezza in se stessi, la capacità di risolvere problemi o la consapevolezza dei propri limiti e punti di forza.

Le soft skills selezionate per valutare lo sviluppo nella personalità dei partecipanti a programmi di mobilità – a confronto con studenti ed ex studenti che non hanno preso parte a nessun progetto simile – sono sei: Indipendenza e sicurezza, curiosità, determinazione e capacità decisionali, consapevolezza dei propri limiti e delle proprie capacità, problem-solving e, infine, tolleranza.

Trattandosi di tratti psicologici e caratteriali, risulta evidente la difficoltà nel valutare oggettivamente i risultati di un’esperienza di mobilità rispetto allo sviluppo delle competenze in questione. Per condurre uno studio quanto più oggettivo possibile, l’Eis si è basato sia sull’analisi delle percezioni e autovalutazioni degli intervistati, sia sui risultati di uno studio psicometrico (che misura le caratteristiche psicologiche dell’individuo) realizzato da ricercatori del settore, che porta il nome di metodologia memo©.

Per la collezione di dati sono stati intervistati: studenti ed ex studenti con esperienza di mobilità, studenti ed ex studenti senza esperienza di mobilità, membri dello staff di istituti di istruzione superiore con esperienza di mobilità, rappresentanti delle istituzioni di istruzione superiore e datori di lavoro. Per valutare l’impiegabilità di studenti e laureati è infatti fondamentale considerare il punto di vista del datore di lavoro rispetto alle caratteristiche del candidato e del collaboratore ideale. I pareri degli istituti di formazione superiore (es. docenti) sono invece fondamentali per valutare le effettive competenze sviluppate dagli studenti – e riscontrate dai loro insegnanti – al rientro dal loro periodo di mobilità.

I risultati salienti dello studio possono essere raggruppati in sei punti:

1. Migliorare l’impiegabilità è un fattore sempre più importante per gli studenti Erasmus

2. Le sei soft skills menzionate in precedenza sono ritenute importanti o molto importanti dall’85% dei datori di lavoro e dall’80% degli ex partecipanti

3. Il 92% dei datori di lavoro intervistati ricercano nei candidati queste competenze trasversali oltre alla conoscenza del settore (91%) ed esperienza lavorativa pertinente (78%)

4. Gli studenti Erasmus hanno più probabilità di trovare il loro primo lavoro e di migliorare le proprie prospettive di carriera

5. Gli studenti Erasmus conducono uno stile di vita più internazionale e propendono maggiormente a vivere all’estero

6. Il programma Erasmus è inclusivo quanto altri programmi di mobilità.

Riportiamo alcune cifre per illustrare le tendenze portate alla luce dallo studio:

Il rischio di disoccupazione dopo la laurea risulta più basso del 50% per gli studenti e alunni che hanno svolto un periodo di mobilità rispetto a quelli che sono rimasti in patria. Anche cinque anni dopo la laurea, il numero di disoccupati con esperienza di mobilità era più basso del 23% rispetto a quello dei laureati senza tale esperienza.

Dal 2006 al 2014, inoltre, il numero di datori di lavoro intervistati che affermano di aver assegnato incarichi di maggiore responsabilità ai laureati con esperienza internazionale è cresciuto del 51%. Importanti sono anche i dati relativi al compenso dei laureati “internazionali”: se dal 2006 al 2014 la percentuale di datori di lavoro che retribuiscono maggiormente i laureati con esperienza internazionale è raddoppiato, dal 10% al 20%, quasi il 30% dei datori di lavoro ha affermato di non aumentare il compenso di questa categoria di laureati perché l’esperienza di mobilità internazionale non costituisce un plus, ma condizione fondamentale per l’ottenimento del lavoro.

In generale, nei laureati Erasmus si è riscontrato un maggiore sviluppo dello spirito di imprenditorialità: il 7% degli ex Erasmus (lavorativo) e il 9% degli ex studenti con un’altra esperienza di mobilità lavorativa intervistati hanno fondato una start-up. Le capacità sviluppate che rendono questi laureati dei candidati preferibili agli occhi dei datori di lavoro sono, oltre a quelle linguistiche, quelle comunicative, interculturali, di apertura mentale, la flessibilità, creatività, curiosità e predisposizione all’apprendimento, oltre alla capacità di lavorare in squadra (anche in team internazionali).

Ovviamente, l’impiegabilità è condizione necessaria ma non sufficiente per trovare un lavoro. Questo dipende anche dalle condizioni socio-economiche in un determinato Paese e momento storico. Tenendo questo a mente, il team autore dello studio ha voluto sottolineare il potenziale dell’Erasmus per livellare le disuguaglianze in termini di impiegabilità dei laureati di diversi Paesi europei.

I giovani laureati che faticano a svolgere una prima esperienza lavorativa nel proprio Paese trovano, infatti, nei progetti di mobilità e nell’Erasmus un importante strumento professionalizzante che garantisce un ponte tra il mondo dell’università e quello del lavoro. Dallo studio è anche emerso che il 36% dei laureati che hanno partecipato a un programma di tirocinio all’estero sono poi stati assunti dalla compagnia presso cui hanno svolto tale periodo lavorativo.

La mobilità e l’internazionalizzazione di questi laureati nel mondo del lavoro rappresentano un beneficio in quanto permettono la circolazione di lavoratori qualificati. Per gli Stati non va intesa solo come una perdita in termini di lavoratori ben formati, ma anche come un guadagno degli stessi. Inoltre, non tutti gli studenti con esperienza di mobilità lasciano poi il proprio Paese quando entrano nel mondo del lavoro. Chi resta sarà dunque un giovane lavoratore con esperienze, caratteristiche e competenze che potranno solo giovare alla compagnia e allo Stato per cui lavorerà.

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