Il Ros sta indagando sui documenti falsi utilizzati da Roberto Fiore e Gabriele Adinolfi per scappare in Francia dopo il 2 agosto 1980. La rivelazione, per bocca del pm Antonello Gustapane, deflagra nel processo all’ex Nar Gilberto Cavallini, imputato di concorso per la strage alla stazione di Bologna. Secondo l’ipotesi investigativa, che poggia anche sulle dichiarazioni rese da Francesca Mambroe Giusva Fioravanti citati come testi a giugno, sarebbe stato Massimo Sparti, un ex criminale orbitante nell’area dell’eversione nera, a fornire le carte d’identità falsificate agli allora due leader di Terza Posizione. Ed è il rapporto tra TP e i Nar ad essere al centro del processo bis sulla bomba del 2 agosto. Ne ha parlato il teste Mauro Ansaldi, esponente torinese di Terza Posizione: “Siamo stati il gruppo di supporto per chi voleva andare in Francia”. Sono tra i 50 e i 70 i viaggi, attraverso valichi di montagna, organizzati da Terza Posizione per permettere ai suoi dirigenti di lasciare il paese nel periodo compreso tra la strage di Bologna (2 agosto, 1980) e il 1981. Una sorta di ‘servizio taxi’ sfruttato anche dai Nar, tra cui lo stesso Cavallini espatriato nel 1981 grazie ad Ansaldi dal valico di Clapier. Secondo il racconto di Ansaldi, sarebbero stati aiutati ad abbandonare l’Italia anche i vertici del gruppo Gabriele Adinolfi e Roberto Fiore, quest’ultimo attuale leader di Forza Nuova. “Se fossero rimasti in Italia, sarebbero stati coinvolti nella lotta politica e non volevano dare un cattivo esempio” ha dichiarato Ansaldi offrendo la giustificazione ufficiale della fuga oltre le Alpi. Nel senso che, dopo gli oltre 300 mandati d’arresto spiccati dopo la strage di Bologna, si sarebbe potuta scatenare una lotta sempre più aspra tra i gruppi di destra extraparlamentare e le istituzioni. Per questo Fiore e Adinolfi, a suo dire, tagliarono la corda.

La “fuga” dei capi di Terza Posizione aveva costituito un tradimento per la destra extraparlamentare. Un passo di lato che aveva incrinato i rapporti anche con i Nar. “Erano scappati lasciando i giovani senza una guida” spiega l’ex criminale nero in aula. Ma non è l’unico elemento che spiega la rottura tra l’anima più giovane dello spontaneismo armato dei Nar e l’area di Terza Posizione. “L’omicidio Mangiameli si diceva essere una conseguenza della spaccatura tra la vecchia e la nuova destra” ha rivelato Ansaldi. Il dirigente siciliano di Terza Posizione Francesco Mangiameli venne ucciso in circostanze mai chiarite da un commando dei Nar. All’epoca dei primi processi sul 2 agosto si era ipotizzato che Mangiameli avesse potuto carpire informazioni riguardanti la presunta implicazione dei Nar nell’omicidio di Piersanti Mattarella. Manovalanza romana “usata”per un progetto più grande. Proprio a causa di queste dichiarazioni l’avvocato di parte civile Andrea Speranzoni ha domandato a più riprese ad Ansaldi dei presunti rapporti con i poteri occulti di Giusva Fioravanti. Nel verbale del 28 dicembre 1984, citato dallo stesso Speranzoni, Ansaldi spiega che Fioravanti “aveva una doppia posizione” perché oltre ad essere un membro dei Nar aveva anche rapporti con “Gelli-Signorelli e la P2”. “Me lo disse Zani al cospetto di Adinolfi – ha aggiunto Ansaldi in aula. E di questo sospetto pare che ne fosse a conoscenza lo stesso Roberto Fiore: “Potrebbe aver condiviso quest’affermazione. Era opinione comune della dirigenza di Terza Posizione. Non elementi per provarlo“. Nel verbale però Ansaldi riporta che furono proprio i suoi compagni di Terza Posizione Adinolfi e Zani a metterlo al corrente dei legami tra Fioravanti e la P2. Lo stesso Adinolfi, sempre sul verbale, avrebbe confidato ad Ansaldi che Fiore non gli “aveva detto tutto su Fioravanti”. Nel senso che alcune alleanze, forse, era meglio tenerle segrete.

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