Meno posti per il capoluogo, più posti per le donne e nessun listino bloccato con elezione quasi garantita. In Piemonte la nuova legge elettorale mette a rischio i seggi di alcuni consiglieri regionali che così rallentano l’iter di approvazione. Nemmeno le strigliate del presidente Sergio Chiamparino bastano. “Mi vergogno un po’ – aveva detto il governatore sabato 22 settembre a Verbania – quando vedo consiglieri che cercano di aggirare il cambiamento della legge elettorale per accrescere le loro possibilità di rielezione”. Pochi giorni dopo, mercoledì scorso, la Commissione affari costituzionali del Consiglio regionale ha riaperto il dibattito (cinque le proposte sul tavolo, tra cui quella dell’ex capogruppo Pd Davide Gariglio depositata addirittura nel 2015), ma poi ha stabilito che, prima di passare al voto sul nuovo testo, dovrà consultare una serie di istituzioni come l’Anci, le province e l’Uncem, l’Unione nazionale di comuni, comunità ed enti montani. “Abbiamo condiviso di consultare online tutti i soggetti istituzionali, a partire dall’Anci, sulle diverse proposte presentate. Ci siamo dati tempi stretti, entro metà ottobre intendiamo chiudere le consultazioni e proseguire con la trattazione”, ha spiegato mercoledì Domenico Ravetti, capogruppo Pd. Gli enti, duqnue, avranno venti giorni di tempo per far conoscere via mail la loro opinione, col rischio che, alla fine, tutto questo lavoro possa risultare inutile: tra tempi di discussione, approvazione, impugnazioni (e inoltre l’approvazione del rendiconto) potrebbe non essere approvato prima della fine della legislatura. “Il tempo è poco – ha ammesso Ravetti– ma siamo determinati a chiudere”.

Due sono i punti su cui molti potrebbero convergere per arrivare alla definizione: l’abolizione del “listino del presidente” e l’inserimento della doppia preferenza di genere, promossa da Silvana Accossato di Leu. Il primo è un elenco di dieci candidati direttamente collegati all’aspirante governatore: se quest’ultimo vince, loro si siedono ai banchi dell’assemblea senza muovere un dito. È un sistema che garantisce posti in più alle forze politiche minori e ad alcune province. Adesso Chiamparino e una parte del Partito democratico vorrebbero eliminarlo, ma il centrodestra, dato come possibile vincitore in primavera, non vuole fare regali al governatore dem e vuole mantenere il listino per garantirsi una sorta di premio di maggioranza e alcuni posti in più. L’eliminazione del listino, poi, porterebbe a ridistribuire dieci posti tra le province e alcuni eletti del capoluogo potrebbero opporsi: rischiano, infatti, di avere minori possibilità di elezione. Il secondo aspetto, la doppia preferenza di genere, vedrebbe chances ridotte per alcuni uomini a scapito delle donne e darebbe maggiore forza ad alcuni tandem.

Per l’approvazione della nuova leggere regionale servirà una maggioranza qualificata dei tre quarti dei consiglieri, una maggioranza che potrebbe essere garantita da un’intesa spontanea, quella della maggioranza del centrosinistra con il Movimento 5 Stelle. “Da tempi non sospetti siamo impegnati a dare ai piemontesi una legge che rappresenti tutti i territori, garantisca finalmente la parità di genere e consenta di eleggere direttamente 50 consiglieri su 50, senza liste e listini bloccati”, si legge in una nota del gruppo M5s. “Per raggiungere tale obiettivo – continuano – abbiamo rinunciato ad un tema caro come il ballottaggio, nella speranza vana di non arrivare all’ultimo mandato di legislatura con ancora la legge da discutere”. Il ballottaggio potrebbe – in linea teorica – garantire al M5s un effetto Torino. I pentastellati si dicono “ancora disponibili a confrontarci con le altre forze politiche” e sono “disposti a partecipare a sedute di prima commissione ad oltranza se ci sarà una condivisione quanto meno nella maggioranza, se ancora esiste”. Tuttavia, per il regolamento delle discussioni di questo tema specifico, basta l’ostruzionismo di un solo consigliere per rallentare tutto. Col rischio che alla fine una nuova legge elettorale non vedrà mai la luce.

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