Ho visto American Moon di Massimo Mazzucco [qui l’integrale] mentre a Venezia ri-celebravano la conquista della Luna, con l’hollywoodiano First Man.

Sebbene in questi anni io non mi fossi mai pronunciato sullo sbarco sulla Luna, decido oggi di dire cosa ne penso. Chi voglia leggere la mia intera recensione al film (pubblicarla qui è impossibile per ragioni di spazio) può visitare la mia pagina Facebook. Conosco Massimo Mazzucco. Il suo lavoro “11 settembre, la Nuova Pearl Harbor” è una straordinaria enciclopedia sul più grande attentato terroristico. E solo un totale imbecille può uscire da quella visione ancora convinto che 19 terroristi islamici, sotto la guida di Osama bin Laden, abbiano organizzato e attuato l’11 settembre.

Questo documentario mette seriamente in dubbio che sulla Luna ci sono andati.

D’altro canto mi pongo la questione: si può affermare che nessuna delle sei missioni Apollo (Apollo 11, 12, 14, 15, 16, 17) di cui la versione ufficiale afferma il successo, sia giunta effettivamente sulla Luna? Penso che, allo stato dei fatti non sia possibile fare un’affermazione come questa. Neanche l’autore del film lo fa.

Ma l’analisi dettagliatissima di American Moon conduce alla conclusione inequivocabile che tutta la Missione Apollo è infarcita di trucchi e menzogne che nascondono cose cruciali. Fin dove siano giunti i trucchi e dove cominci una qualche verità è difficile da scoprire. Massimo Mazzucco, del resto, non ha toccato molti punti aperti (per esempio non si è addentrato nella pubblicistica web russa non ufficiale, dove c’è una valanga di argomenti seri che mettono anch’essi in dubbio il racconto ufficiale dell’America). Non ha toccato tutta la — a mio avviso rilevantissima — serie di allusioni alla missione Apollo di Stanley Kubrick, contenuta nel suo film 2001 – Odissea nello spazio. E molto altro. E ha fatto bene, preferendo restare sul terreno solido e ponendo le domande alle quali non è possibile non rispondere. E, se la risposta non viene, allora non resta che concludere che chi ha parlato ha mentito.

Non posso seguire, in una recensione come questa, tutti i punti evidenziati dal film. Vi dirò quelli che hanno lasciato in me una traccia indelebile. Sono tre essenzialmente:

a) Le interviste con i fotografi illustri: Peter Lindbergh, Aldo Fallai, Toni Thorimbert e Oliviero Toscani. La loro analisi giunge alla conclusione unanime che si tratta di fotografie realizzate in uno studio cinematografico, opportunamente attrezzato ma non in grado di nascondere l’evidenza.

b) La sparizione dei nastri contenenti tutti i dati di volo (quelli della missione Apollo 11, Armstrong, Collins, Aldrin) insieme ai dati biometrici dei tre membri dell’equipaggio, che furono certamente registrati nel corso dell’intera missione. Sparizione tanto inspiegabile quanto clamorosa.

c) La questione delle “Fasce di Van Allen”. Si tratta di zone che circondano completamente la Terra e si trovano tra la Terra e la Luna, a una distanza tra 1500 e 40.000 km dalla Terra. Per intenderci: tutti i satelliti lanciati in orbita in questi decenni, i voli umani, le stazioni spaziali, sono alll’interno di una sfera di raggio molto inferiore ai 1000 chilometri, cioè molto al “di qua” delle “Fasce di Van Allen”. Di esse si sa (lo scrisse il loro scopritore) che sono altamente radioattive e — egli presunse — molto pericolose per un essere vivente che rimanesse esposto alla radioattività. Quali siano i livelli di pericolo che esse rappresentano non lo sa nessuno, al momento attuale. Tant’è vero che recentemente la Nasa ha realizzato un documentario (visibile anche su YouTube) per spiegare al grande pubblico che, prima di mandare sul pianeta Marte una missione pilotata, occorrerà far orbitare una navicella spaziale tra la Terra e la Luna proprio nelle “Fasce di Van Allen”. Naturalmente senza equipaggio e per studiare gli effetti della radioattività sugli strumenti e su forme di vita di diverso livello di sviluppo. Dunque? Se la Nasa non ne sa niente nel 2018, cosa significa? Significa che ben sei missioni Apollo (11,12,14,15,16, 17), dal 1969 al 1972, con a bordo 18 astronauti, avrebbero attraversato le “Fasce” per ben due volte ciascuna, andata e ritorno. Senza sapere quali erano i rischi cui venivano sottoposti quegli uomini.

Ora, visto che i cosmonauti sono tornati tutti vivi, resterebbe l’ipotesi che le “Fasce”, pur esistendo, non sono così perniciose come Van Allen aveva previsto. Ma resta anche l’ipotesi che nessuno dei 18 astronauti le abbia attraversate. In ogni caso resta stranissimo e sbalorditivo il fatto che la Nasa si sia “dimenticata” delle sei missioni Apollo e riveli ora la necessità di studiarle, nel caso si voglia mandare qualche riccone su Marte nel corso dei prossimi dieci anni.

Ultima nota, questa volta divertente: Mazzucco si preoccupa di seguire le mosse di alcuni dei cosiddetti “debunker”, cioè di coloro che furono incaricati di “smontare” i sospetti di cui stiamo parlando. Infatti furono, e sono, molti gli increduli che andarono a fare le pulci alla versione ufficiale. Mazzucco riporta i disperati tentativi di spiegare l’inspiegabile e dimostra, a sua volta, pazientemente, l’inanità dei loro sforzi. Tra i “debunker” presi in giro c’è anche l’italiano Attivissimo. La perla della sciocchezza più sesquipedale spetta a lui. Che, in una conferenza, visibile nel film, cerca di giustificare la sparizione dei nastri dicendo, all’incirca, che “si può spiegare con il fatto che erano molto costosi e si dovevano riutilizzare”.

Ma questo è folklore.

Ripeto, è l’intero film che va visto e valutato nel suo insieme. Mazzucco non afferma mai con certezza che sulla Luna non ci sono andati, ma pone una lunga serie di domande legittime, alle quali è necessario dare una risposta valida, se si vuole continuare a sostenere che sulla Luna invece ci sono andati.

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