Una trasparenza ombrata. Un personalissimo ossimoro racchiude sinteticamente l’analisi del bilancio del primo anno di attività (2017) dell’associazione Rousseau, l’organismo che gestisce la piattaforma per la democrazia diretta del Movimento 5 stelle, pubblicato mercoledì 20 giugno 2018 sul Blog delle Stelle.

Innanzitutto devo dire che raramente (forse mai), nel corso della mia attività professionale, mi sono imbattuto in un rendiconto di un ente collegato a una formazione politica che, sebbene conciso, risulta essere così preciso, chiaro e ricco di informazioni. Una rivoluzione, un passo concreto ed efficace nel difficoltoso cammino verso il “cambiamento”.

Il M5S non ha avuto paura di ciò che i media avrebbero potuto dire di negativo: le associazioni lavorano in contesti difficili, spesso con risorse limitate ed essere onesti mostrando anche i fallimenti e le difficoltà premia la trasparenza. È meglio raccontare anche i propri fallimenti, piuttosto che farli raccontare da altri.

Occorre però fare ancora qualche piccolo sforzo di chiarezza e comprensibilità per zittire i commentatori pretestuosi. Una best practice, per essere tale, non deve dare il fianco a dubbi e perplessità perché poi diventano alibi per chi, dolosamente, non riesce a garantire onestà e moralità. Un bilancio che non lasci adito a sospetti e diffidenze potrebbe scatenare, infatti, un effetto emulazione da parte delle altre forze politiche che, in difetto, cumulerebbero uno svantaggio competitivo elettorale determinante per i nuovi assetti politici.

Vediamo nel dettaglio.

In primis riscontro una nota integrativa al bilancio (il documento che evidenzia le modalità con cui si è svolta la gestione dell’associazione) molto analitica e scrupolosa che lascia però lo spazio per qualche riflessione sulla completezza dell’informazione. Prendiamo il conto economico: i ricavi (sostanzialmente le donazioni dei sostenitori e degli iscritti) sono stati addirittura evidenziati, correttamente, con le iniziali dei nomi e dei cognomi dei “clienti” che hanno “acquistato” l’emozione derivante dal sostegno a una passione civica.

I costi, invece, sebbene particolareggiati nelle quantità, non hanno ricevuto lo stesso trattamento in termini di interezza informativa. Sappiamo che non c’è un obbligo di legge ma, visto che ci siete, perché non comunicare pure chi sono i fornitori (studi legali) per i quali avete accantonato, in maniera precauzionale, 89mila euro per le spese legali per le cause in corso? Oppure comunicare il nome del fornitore che ha implementato il software (Web Application Penetration Test) impiegato nella piattaforma e che è costato 18.300 euro?

In secondo luogo occorre specificare che il capitale netto negativo per 55.386 euro, così come evidenzia il bilancio, è un evento spiacevole per qualsiasi ente dotato di personalità giuridica. Si tratta di una situazione generalmente gravosa e difficile da superare che porta spesso epiloghi negativi per l’associazione e gli associati.

Il patrimonio netto corrisponde alla disponibilità di capitale dell’associazione. Quando è negativo vuol dire che se l’associazione vendesse tutto il suo “attivo” (mobili, attrezzature, software, eccetera), con il ricavato non riuscirebbe neppure a pagare tutto il suo “passivo” (essenzialmente debiti) e necessiterebbe di una “copertura” di almeno 55.386 euro che gli associati si dovrebbero accollare per la loro quota-parte per onorare le obbligazioni assunte.

Per la precisione dobbiamo dire che, per le associazioni, non esiste un obbligo di “copertura” per gli associati assimilabile a quello dei soci delle società commerciali. Esiste però un problema di efficienza manageriale e di responsabilità personale dei soggetti che hanno amministrato che va verificata in sede di assemblea.

Ma questo è un altro discorso.

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