Qualche decina di anni orsono partecipavo come psicologo a corsi prematrimoniali. Uno dei temi più difficili da affrontare era quello del denaro. Le coppie parlavano senza particolari problemi di sesso, tradimenti, invidie e gelosie ma quando si arrivava al denaro erano reticenti. Quando si è innamorati e si pensa al matrimonio il denaro è un elemento che stride in quanto evoca simbolicamente egoismo, avidità e grettezza d’animo. Nelle coppie in crisi in procinto di separarsi, al contrario, l’elemento denaro diviene uno dei principali temi di discussione.

Le coppie attuali tendono a non mettere assieme il denaro ma trovano svariati accorgimenti per dividere le spese. Ad esempio lui e lei tengono tutti gli scontrini e a fine mese attuano un conguaglio dei versamenti sostenuti per la casa. Questo sistema può apparire equo ma non lo è se uno dei due guadagna meno dell’altro. Per questo altre coppie dividono le spese in proporzione ai guadagni. Se ad esempio lui guadagna il doppio di lei, che svolge un part-time, ecco che pagherà due terzi delle spese. Ma come la mettiamo col fatto che molto speso le donne in casa lavorano più dell’uomo? Visto che lei ti lava e stira la camicia dovresti pagarle un extra?

Il problema denaro diviene complesso con la nascita dei figli in quanto la donna deve portare a termine la gravidanza e allattare. Una mia paziente ingegnere, dirigente di un ufficio con sei colleghi, al rientro dopo un anno di astensione dal lavoro per maternità e allattamento mi racconta che non ha più il suo lavoro ma deve ricominciare dal basso. Presumibilmente non farà più carriera mentre, nel frattempo, il marito ha avuto un avanzamento sia economico che di ruolo. Come compensare il fatto che lei per la famiglia ha lasciato le possibilità di un lavoro più lucroso? Le coppie che appartengono alle vecchie generazioni raccontano che mettevano il denaro in un unico conto per poi usarlo insieme. Ma cosa succede se uno dei due è uno spendaccione? Ad esempio una signora mi riferisce che coi soldi di famiglia il marito ogni due anni cambiava l’auto. Lei non era particolarmente d’accordo ma per quieto vivere lo accettava. Ora che si stanno separando recrimina sui soldi spesi.

Quando si parla di Europa mi viene spesso in mente il paragone con le coppie che vedo nella mia attività clinica. Si è costituito una unione su alcuni aspetti ma manca una chiara volontà di arrivare a una vera e propria unità politica. Gli Stati europei assomigliano a quei ragazzi che ti raccontano “stiamo insieme, dormo spesso da lui ma tengo le mie cose ancora a casa dei genitori”. Per questo motivo gli scontri fra governi sono all’ordine del giorno in quanto chi non ha un problema non lo sente suo e dice all’altro di arrangiarsi. Alcune nazioni hanno un basso debito pubblico e si oppongono all’idea di condividerlo coi Paesi che in passato sono stati spendaccioni. Qualche nazione non si fida delle rassicurazioni tipo “Ridurrò le spese. Ora non posso, certamente fra qualche anno!” ma pensa che un altro Paese voglia fregarla.

Come nel caso delle coppie ritengo che se si vuole fare una vera Unione ruropea occorre fissare una data dalla quale si cominceranno a condividere rischi e benefici. Fatta salva la situazione pregressa che rimarrà, nel bene e nel male, a carico delle singole nazioni occorre fissare una data dalla quale si metteranno assieme le opportunità e le sfortune economiche. I debiti precedenti a quel termine saranno pagati gradualmente, ad esempio in 30 anni, dalle singole nazioni mentre le nuove iniziative dovranno essere finanziate con risorse e debiti contratti in comune. Solo così potranno nascere opportunità di sviluppo e la possibilità di contare qualcosa in un mondo globalizzato dove si confrontano colossi economici. Singoli Paesi divisi sono, al contrario, destinati a soccombere economicamente in una competizione globale.

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