L’Olanda disconosce le navi Lifeline e Seefuchs, che navigano nel mar Mediterraneo per salvare migranti. Le due imbarcazioni, al centro di una nuova contesa dopo il caso della Aquarius sono in attesa di un porto sicuro dove attraccare dopo aver soccorso oltre 300 persone. “Non viaggiano con bandiera olandese, secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos)”, ha spiegato la rappresentanza dei Paesi Bassi presso l’Unione europea sostenendo che “appartengono a Ong tedesche e non sono registrate in Olanda”.

Una dichiarazione che ha spinto il ministro degli Infrastrutture Danilo Toninelli a spiegare, con riferimento alla Lifeline, che “salveremo le vite umane, poi sequestro la nave” perché dall’esecutivo olandese “ci hanno detto che Lifeline batte illegalmente bandiera olandese e quindi, di fatto, è una nave apolide che non potrebbe o dovrebbe viaggiare in acque internazionali”. Una “imbarcazione pirata“, insomma, come ha ribadito il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, durante un comizio a Viterbo.

Ma dal portale ufficiale dell’Imo, l’Organizzazione marittima internazionale, in uso anche agli operatori specializzati di settore, risulta che l’Olanda ha ragione a metà. I dati forniti da www.gisis.imo.org, consultati dal Ilfattoquotidiano.it, attribuiscono bandiera olandese alla Lifeline e tedesca alla Seefuchs. È bene chiarire che la certificazione Imo è quella che viene richiesta nei porti di attracco e attesta ufficialmente la “nazionalità” di un’imbarcazione.

Con il numero Imo 6725842, la Lifeline risulta registrata dal settembre 2017. Batte bandiera olandese da prima (gennaio 2016) dopo oltre trent’anni con bandiera britannica. Contestualmente al passaggio nei Paesi Bassi, la Lifeline (che in precedenza era la Sea Watch 2) ha cambiato la propria caratteristica in imbarcazione “Search & Rescue”, quindi che si occupa di ricerca e salvataggio. Dal settembre 2017, la proprietaria è la Mission Lifeline eV, ong tedesca, con indirizzo in Rudolfstrasse 7 a Dresda. Se una nave militare italiana dovesse chiedere i documenti all’equipaggio e questi dovessero fornire quel certificato Imo con registrazione in Olanda, il nostro Paese – spiegano fonti di settore al Fatto.it – non potrebbe procedere al sequestro dell’imbarcazione.

La Seefuchs, invece, è registrata con numero Imo 5148716 e batte bandiera tedesca dall’agosto 1992. Dal maggio dello scorso anno ha come proprio scopo quello di ricerca e salvataggio, dopo essere stata un peschereccio per quasi sessant’anni. Dall’1 gennaio 2000 il proprietario registrato è la Seefuchs Gbr che risulta registrata in Germania, a Greifswald, in Hafenstrasse 28.

Cosa può essere accaduto quindi per spingere l’Olanda a parlare di navi che non battono la propria bandiera secondo il trattato Unclos? L’articolo 94 di quella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare afferma che “ogni Stato tiene un registro delle navi che contenga i nomi e le caratteristiche delle navi che battono la sua bandiera, ad esclusione di quelle che, in virtù di norme internazionali generalmente accettate, per effetto delle loro modeste dimensioni ne sono esenti”.

Può essere questo un caso: la Lifeline potrebbe non rientrare in quel registro, ma la bandiera è comunque olandese come stabilito dall’elenco Imo. Il comma B dello stesso articolo, tra l’altro, recita che in ogni caso lo Stato “esercita la propria giurisdizione conformemente alla propria legislazione, su tutte le navi che battono la sua bandiera, e sui rispettivi comandanti, ufficiali ed equipaggi, in relazione alle questioni di ordine amministrativo, tecnico e sociale di pertinenza delle navi”.

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