All’Università degli studi di Milano, (“la Statale”) si stanno svolgendo le elezioni per il nuovo rettore (domani e dopodomani il secondo turno). La cosa ha una rilevanza prima di tutto locale, ovviamente, se non fosse che queste elezioni rettorali permettono una qualche riflessione sul passato recente. Tre i candidati in corsa, sin dall’inizio: la farmacologa Maria Pia Abbracchio, lo storico dell’economia Giuseppe De Luca (in testa dopo il primo turno di votazioni con 914 voti), e il filosofo Elio Franzini (790 voti).

Dopo il risultato del primo turno, solo 364 voti, Abbracchio ha dichiarato il suo ritiro con una mail a tutto il personale di ieri mattina, esprimendo il suo appoggio a Franzini e prefigurando anche il suo ruolo all’interno della nuova governance d’Ateneo in caso di vittoria del filosofo, frutto evidente di un negoziato con quest’ultimo: “Il mio particolare impegno sarà rivolto alle attività di tutte le aree scientifiche, inclusa quella medica”. Il commento di De Luca è stato lapidario : “la logica della spartizione politica entra in Statale”.

Tra tre giorni vedremo il risultato, ma quello che colpisce non è solo la competizione tra due persone molto diverse, per formazione e caratteristiche, quanto il fatto che si continui a rappresentare il candidato Franzini come una “novità”, tendenzialmente di sinistra (cosa che, per sua stessa affermazione, è per lui un’offesa) e non si guardi a un non troppo lontano passato.
E’ ben vero che De Luca è cresciuto all’interno della attuale governance e quindi rappresenta, con le ovvie differenze personali e di carattere, una prosecuzione dell’esperienza del rettorato di Gianluca Vago (2012-2018); ma è altrettanto vero che Franzini rappresenta pure lui un’altra continuità, per noi della Rete 29 aprile meno piacevole, quella con il lungo periodo di Enrico Decleva rettore per dodici lunghi anni (2001-2012).

Insieme a Decleva, Franzini è stato preside della facoltà di Lettere e Filosofia per sei anni, poi prorettore alla Innovazione didattica per soli 14 mesi, nel 2011-2012, alla vigilia della vittoria di Vago. Con Decleva, Franzini ha condiviso il giudizio positivo nei confronti della riforma Gelmini, la madre di tutti i mali recenti della Università italiana, e Decleva (presidente della Crui) presentava il professor Franzini all’allora ministro Gelmini come il suo delfino, il “prossimo rettore della Statale”.

Roba vecchia, si dirà: chi si ricorda più il 2008-2010, biennio terribile per l’Università? Noi ce lo ricordiamo bene quel periodo, e scavando negli archivi della rete si trovano interventi del professor Franzini fatti apposta per far sorgere perplessità nei confronti di un candidato che apparentemente riscuote l’appoggio della Flc-Cgil e degli studenti di sinistra ma che, a nostro parere, è lontanissimo dalla nozione comune di “sinistra”. Parlando alla Scuola normale superiore di Pisa, il 27 ottobre 2017, il Prof. Franzini allontanava da sé come un calice avvelenato la cauta definizione di “conservatore di sinistra” attribuitagli da un collega, limitandosi a privilegiare la definizione di “conservatore”.

In altre parti del suo intervento pisano, dedicate alla questione del numero chiuso proposto per le facoltà umanistiche in Statale, Franzini riesce a essere ancora più lontano dalla figura di paladino dell’Università “pubblica, libera e aperta”, che non è solo lo slogan di noi della Rete 29 Aprile, ma che è anche il motto che campeggia nella pagina della Statale durante il rettorato di Vago. Franzini infatti definisce il numero chiuso “una necessità”, ricorda di averlo attuato ben prima del periodo di Vago, come Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, e infine ammette di essere stato contento della bocciatura da parte del Tar del Lazio del numero chiuso in Statale ma “solo per motivi antirettorali”, sebbene la “logica” fosse tutta dalla parte di chi il numero chiuso lo aveva proposto.

Insomma, una figura difficile da inquadrare con chiarezza il professor Franzini, ma – azzardiamo – non il candidato ideale della “sinistra” universitaria. Su altri temi caldi della campagna elettorale milanese, come il trasferimento nell’area ex Expo delle facoltà scientifiche collocate attualmente a Città Studi, vi sono altrettanti interventi di tutti i candidati fatti apposta per confondere le idee: De Luca ha sempre sostenuto il valore strategico del trasferimento, incontrando su questo piano la collega Abbracchio, mentre Franzini ha avuto un periodo di ferma opposizione al trasferimento (se ne parlò alla Casa della Cultura di Milano nel maggio 2017) raccogliendo il sostegno dei comitati civici contro il trasferimento a Expo, per poi passare a interventi più misurati e dialoganti con gli altri candidati, sposando la teoria del trasferimento graduale, ma trasferimento in ogni caso.

Non invidiamo i colleghi milanesi che dovranno votare domani il nuovo rettore: hanno di fronte una scelta resa confusa da una campagna elettorale difficile; tutti e tre hanno invocato e invocano la serenità e il dialogo, ma l’aria che si respira a Milano è da resa dei conti: una vittoria di De Luca sarebbe senz’altro la scelta più indolore e coerente con la fase di rinnovamento partita con Vago (a partire dalla “messa in regola” dei concorsi universitari dagli esiti imbarazzanti ereditati dalla gestione Decleva) mentre una vittoria di Franzini aprirebbe una stagione di nuovi conflitti, sicuramente non voluti da lui in persona, ma nella logica di un ritorno al passato. Mai come adesso le categorie “continuità” e “cambiamento” perdono di senso, e si tratta di scegliere con la testa.

Si ringrazia il prof. Franzini per averci fornito il link integrale al suo intervento alla Normale di Pisa

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