Il Pd attacca il nuovo ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli, contrario al rinnovo del bonus da 500 euro per i neodiciottenni introdotto dal governo Renzi. Ma il Consiglio di Stato, in un parere depositato venerdì scorso, ha evidenziato che di fatto è stato il precedente esecutivo a sancirne la fine. Perché manca una norma di rango primario che giustifichi l’estensione del beneficio a chi diventa maggiorenne nel 2018 e 2019 e il decreto sottoposto all’esame dei giudizi amministrativi è considerato insufficiente.

Sabato, in un’intervista al Corriere della Sera, Bonisoli ha ricordato che il bonus “vale 200 milioni” ed è “meglio far venire la fame di cultura ai giovani facendoli rinunciare a un paio di scarpe“. Immediata la levata di scudi dei dem. “Circa 765mila 18enni hanno utilizzato il #bonuscultura, acquistando per l’80% libri, ma per il Ministro @MiBACT Bonisoli non esistono, o peggio non contano #18appnonsitocca”, scrive il deputato del Pd Filippo Sensi su twitter, Anna Ascani ha parlato di “atteggiamento irresponsabile e svilente“, Andrea Marcucci ha affermato che Bonisoli “comincia molto male” perché “18app aiuta a diffondere la cultura tra i giovanissimi” e “18app non si tocca”. Nel frattempo su Change.org Arianna Furi, 20enne voluta da Renzi nella direzione Pd, ha lanciato una petizione per chiedere al ministro di non cancellare il bonus.

Il problema è che, stando al Consiglio di Stato, è la normativa stessa – messa a punto dal Pd – a non reggere. E a non consentire una ulteriore proroga del bonus originariamente inserito nella manovra per il 2016 e attuato dal Dpcm 187 del 15 settembre 2016. Come evidenziato già domenica dal Sole 24 ore, i giudici amministrativi nel dispositivo depositato venerdì sottolineano che la soluzione di prevedere il rinnovo dell’agevolazione per il 2018 e 2019 prevedendo le risorse nelle tabelle di stanziamento delle risorse finanziarie del Mibact non sta in piedi. E le risposte della presidenza del Consiglio ai loro dubbi non sono state sufficienti. Rimane la “necessità di emanare una norma legittimante di rango primario da porre a base del Dpcm in esame”. Norma che però il nuovo governo non ha intenzione di mettere in campo.

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