Mentre le bonifiche arrancano, nelle aree intorno ai Siti contaminati di interesse nazionale (Sin) si continua a nascere malformati, ammalarsi e morire. I dati dell’ultimo aggiornamento allo studio Sentieri coordinato dall’Istituto superiore di sanità parlano di un eccesso di mortalità tra il 4 e il 5% nelle aree ad alto inquinamento intorno a 45 Sin: tradotto in numeri, significa che tra il 2006 e il 2013 nei circa 300 comuni coinvolti ci sono stati quasi 12mila decessi in più, di cui quasi 5.200 per tumori e oltre 3.600 per malattie dell’apparato cardiocircolatorio. Nello stesso periodo, per i bambini e giovani fino a 24 anni si è osservata un’incidenza dei tumori maggiore del 9% rispetto a chi vive in aree meno inquinate. Un quadro allarmante in cui non mancano le differenze geografiche, con i grandi siti industriali del Nord che vedono migliorare alcuni indicatori di salute e un Sud dove la contaminazione ambientale non lascia scampo e non si vede nessuna inversione di tendenza. E ora che il progetto partito dieci anni fa e che ha coinvolto Cnr e istituzioni sanitarie si è concluso, i ricercatori chiedono che diventi permanente: “Di fronte a questi dati, non ci possiamo permettere di rimanere scoperti”.

Decessi in eccesso per tumori – La rete dei 45 Sin comprende i siti maggiormente inquinati d’Italia: ci sono dentro Brescia, inquinata dai pericolosi PCB scaricati dall’industria chimica, il polo siderurgico di Taranto, l’area del petrolchimico di Gela, in Sicilia, le aree portuali e industriali di Piombino e Livorno. Quasi tutti sono ancora in attesa di una bonifica ambientale non ancora conclusa, e in molti casi, come Gela, nemmeno iniziata. Qui, per tutti i tumori maligni la mortalità in eccesso è stata del 3% per gli uomini e del 2% per le donne. Se i dati disaggregati per singolo Sin saranno pubblicati solo dopo l’estate, è già possibile dire che tra le forme di cancro più ricorrenti ce ne sono alcune con una  connessione forte a cause ambientali: “Per esempio i tumori polmonari, più diffusi in tutte le aree dove avvengono processi industriali di combustione, melanomi e linfomi non Hodgkin, correlati a una contaminazione da Pcb, o tumori del sistema ormonale, che hanno tra le cause principali l’esposizione a sostanze chimiche interferenti endocrini”, spiega a ilfattoquotidiano.it l’epidemiologo Pietro Comba, responsabile scientifico di Sentieri.

L’allarme bambini – A destare molta preoccupazione sono i dati sulla salute dei più giovani. Nella fascia di età tra 0 e 24 anni, infatti, la diffusione dei tumori è molto maggiore nei Sin rispetto alle aree non a rischio. L’incidenza è più alta del 66% per le leucemie mieloidi acute, del 62% per i sarcomi dei tessuti molli, e del 50% per i linfomi Non-Hodgkin. Anche dai dati sulle malformazioni congenite emerge un quadro negativo, con eccessi di malformazioni alla nascita in 10 Sin su 15 analizzati nel periodo 2002-2014/2015. “Le malformazioni più spesso risultate in eccesso sono quelle degli organi genitali, del sistema urinario, del cuore e degli arti e a seguire quelle del sistema nervoso centrale. I Sin più impattati sono quelli di Laghi di Mantova, Massa, Livorno, Piombino, Gela, Milazzo, Manfredonia, Taranto“, aggiunge Fabrizio Minchilli, ricercatore dell’Istituto di Fisiologia clinica del Cnr.

Due Italie – Il Paese, però, non è tutto uniforme. Anche in un quadro generalizzato di bonifiche ancora nella fase iniziale o mai cominciate, al Sud si sta peggio che al Nord. “L’ordine di grandezza di queste stime è pari a quello precedente. In via generale, è chiaro che la situazione non è migliorata”, dice Comba. Se si vanno ad analizzare più nel dettaglio i dati che saranno resi noti dopo l’estate, però, saltano all’occhio differenze importanti: “Nei grandi siti industriali del Nord Italia si osserva il miglioramento di alcuni indicatori di salute. Succede a Mantova, grazie a nuove tecnologie industriali, e a Brescia, dove il blocco della catena alimentare ha fatto scendere dai primi anni 2000 la concentrazione di Pcb nel sangue della popolazione“. Al meridione, invece, mancano anche questi segnali di speranza: “Nel polo siderurgico di Taranto o in quello petrolchimico di Gela la contaminazione ambientale è imponente. Gli indicatori della salute sono più diffusamente compromessi e non si vede nessuna inversione di tendenza“. Qualche novità potrebbe arrivare in sede giudiziaria: a Taranto, infatti, prosegue il processo “Ambiente svenduto” a carico dell’Ilva per presunto disastro ambientale. A Gela va avanti il processo civile partito dalla denuncia dei cittadini contro Eni, e il prossimo 5 luglio è fissata una nuova udienza sulle loro richieste di fermare tutti gli impianti della raffineria, le attività di trivellazione e avviare immediatamente le procedure di bonifica. Il giudice aveva già detto no. Nel frattempo la procura ha anche rinviato a giudizio 22 manager del gruppo.

“I politici si prendano la responsabilità” – In questo quadro per niente confortante, la richiesta che arriva dagli scienziati è rendere permanente il progetto di monitoraggio della salute Sentieri. “È partito dieci anni fa e fino ad oggi è stato rifinanziato dal ministero della Salute ogni due o tre anni, anche con interruzioni. L’ultima fase, di cui abbiamo appena presentato i risultati, si è conclusa a fine 2017, ma di fronte a questi numeri non è opportuno rimanere scoperti troppo a lungo”, avverte Comba dell’Istituto superiore di sanità. Il ricercatore chiama il nuovo governo a una scelta “etica e responsabile”: “I decisori politici ci diano un mandato ufficiale e i finanziamenti per monitorare la salute almeno fino a dopo la fine di tutte le bonifiche. Si assumano la responsabilità e facciano una scelta etica”.

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