Mai come stavolta, un po’ tutti credevamo che avrebbe potuto essere l’anno della giovane Italia del tennis. Da Berrettini a Sonego passando per Cecchinato, una nuova generazione molto attesa è pronta ad affermarsi. Gli Internazionali Bnl d’Italia 2018 ci hanno detto che sì, qualcosa si muove, ci sono delle belle prospettive, ma poco di più: tutti hanno giocato bene ma sono stati eliminati già al secondo turno. Per il momento l’Italia del tennis è ancora quasi solo Fabio Fognini.

Semplice illusione o speranza solo rimandata? Difficile dirlo. Quel che è certo è che la corsa dei giovani italiani al Foro Italico è stata intensa ma piuttosto breve. L’ultimo ad uscire, in ordine cronologico, è stato Matteo Berrettini, che ha sbattuto con onore sul muro del campione in carica Alexander Zverev: il tedesco in realtà sarebbe addirittura un anno più giovane di lui ed è già ai vertici della classifica mondiale, ma è un vero predestinato quindi inutile fare paragoni. Il colosso romano, cocco di Giovanni Malagò all’Aniene, ha fatto discreta figura e si conferma miglior prospetto azzurro in circolazione: tennista moderno, gran servizio e bel diritto, rovescio mediocre ma in miglioramento. Al Foro Italico ha battuto l’americano Frances Tiafoe, altro Next Gen più avanti di lui nel percorso di crescita, dimostrando che con tanto lavoro e un po’ di fortuna potrebbe davvero diventare un giocatore da primi 20-30 al mondo. La strada però è ancora lunga.

Bene anche Marco Cecchinato, che ha battuto Cuevas e strappato un set al belga Goffin. Del resto veniva dall’esaltante primo titolo Atp a Budapest. Ma è un classe ’92, forse già includerlo nella categoria dei giovani è un po’ un errore. Ha fatto quasi match pari con un Top Ten, ma l’ha perso: tutta la differenza che passa tra un buon giocatore (quello che il palermitano può diventare) e un campione (che invece non sarà mai: ha già quasi 26 anni e i margini di crescita non paiono sufficienti). Discorso simile per Lorenzo Sonego, che proprio al Foro Italico era stato scoperto nel 2016, e dopo un paio d’anni d’assestamento ci è ritornato da giocatore vero: ha grande cuore e lunghe leve, col suo temperamento trascinante e un po’ arruffone ha vinto contro il francese Mannarino (n. 27 al mondo!) ma anche perso contro il più modesto tedesco Gojowczyk, sprecando una grande occasione per arrivare agli ottavi. E in questo percorso ci sono tutte le sue potenzialità, ma pure i suoi limiti. Chiudiamo con Filippo Baldi, uno che da piccolo sembrava un predestinato e poi aveva un po’ tradito le promesse: per lui già essere entrato in tabellone vincendo alla grande le qualificazioni è stato un successo, di più non poteva pretendere.

Questo è quanto, qualcosa ma non abbastanza. La verità è che i giovani in cui tanto confidiamo, ad oggi, sono buoni per passare un turno, forse due, a livello Atp. Se ne parla tanto un po’ perché qualcosa di buono oggettivamente l’hanno fatto vedere, ma forse pure per la retorica delle Next Gen o per il semplice bisogno che ha tutto il movimento di trovare una nuova stella, anche se magari non è poi così brillante. Tra il numero 30 e il 100 del ranking non c’è poi questa enorme differenza, se non quella del lavoro, della testa e della continuità, dove gli azzurri sono sempre un po’ mancati, storicamente. Il futuro è tutto da scrivere: ci sono fondati motivi per credere in loro, ma altrettanti (l’età un po’ avanzata di Cecchinato, il rovescio e gli spostamenti di Berrettini, la tecnica di base di Sonego, il fisico minuto di Baldi) per dubitarne. Ad oggi la giovane Italia del tennis non è ancora diventata grande. Magari lo farà presto, ma non è così scontato. Mentre di sicuro invecchierà Fognini, che superata la soglia dei 30 anni è ancora faro indiscusso (e solitario) dell’intero movimento. Con tutti i suoi alti e bassi, teniamocelo stretto finché dura.

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