“L’usura, le banche e cose del genere” sono i “comportamenti” degli ebrei che, secondo il presidente palestinese Abu Mazen, hanno causato l’Olocausto. Una teoria, pronunciata in diretta televisiva, che ha suscitato un’ondata di critiche a livello mondiale. “Antisemita e patetico”, ha replicato il premier israeliano Benjamin Netanyahu. “Negazionista della Shoah”, gli fa eco il Ministero degli affari esteri dello Stato ebraico. Sul caso è intervenuta anche la Anti defamation league (Adl), un’organizzazione impegnata a combattere l’antisemitismo nel mondo. “Sono asserzioni antistoriche e pseudo-accademiche”, ha detto il direttore Jonathan Greenblatt.

Abu Mazen ha affrontato il tema della “questione ebraica” durante il Consiglio palestinese di Ramallah, in un discorso di 90 minuti trasmesso in diretta. Il presidente ha ricordato come in Europa gli ebrei siano stati periodicamente massacrati nei secoli, fino alla Shoah. “Ma perché questo è accaduto?”, si è chiesto. “Loro dicono: ‘È perché siamo ebrei’. Bene – ha continuato Abu Mazen, citato dai media -, vi porterò tre ebrei, con tre libri, che dicono che l’odio verso gli ebrei non è causato della loro identità religiosa, ma dalle loro funzioni sociali. È un problema differente. Quindi la ‘questione ebraica’, che era diffusa in tutta Europa, non era diretta contro la loro religione, ma le loro mansioni sociali, legate all’usura, all’attività bancaria e simili”. Ma il leader palestinese non si è fermato qui. Ha anche definito lo Stato ebraico un “prodotto coloniale” britannico, negando l’esistenza di una relazione fra gli ebrei e la terra di Israele. E, secondo la Bbc, ha negato che gli ebrei di ceppo askenazita, quello diffuso in Europa orientale e Germania, siano semiti.

Oltre a Netanyahu e al direttore dell’Adl, sulla vicenda è intervenuto il vicepremier israeliano Michael Oren: “Quello sì che è un partner per la pace!”, ha scritto in un tweet rivolto ad Abu Mazen. Il riferimento è alle trattative di pacificazione, mai arrivate a un accordo definitivo, tra la Palestina e lo Stato ebraico. Dura anche la posizione del Ministero degli affari esteri israeliano, secondo cui il leader palestinese si è espresso “in una maniera che può essere definita solo come antisemita e negazionista della Shoah”. Le sue parole “accusano gli ebrei del desiderio di distruggere se stessi” e “usano stereotipi e accuse proprie del lessico del classico antisemitismo“.

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