Decisamente non è il migliore dei periodi per l’ex presidente del Brasile, Lula da Silva. Oltre ai processi penali e l’inizio della sua detenzione in carcere, ci si è messo anche il piccolo schermo a farlo infuriare. Si chiama El mecanismo (Il meccanismo) la nuova serie da poco lanciata su Netflix, che racconta com’è venuto a galla il caso Lava Jato‘, la più grande operazione di lotta alla corruzione in Brasile (una sorta di Mani pulite brasiliana), da cui sono partite denunce a imprenditori e politici di tutti gli schieramenti, e in cui sono rimasti coinvolti anche gli ex presidenti Lula e Dilma Rousseff. L’intera serie si basa sul libro “Lava Jato” del giornalista Vladimiro Netto, e si concentra soprattutto sulle indagini della polizia che hanno portato alla luce il sistema di corruzione delle imprese edili ai politici per favorirle nei contratti con Petrobras, l’azienda petrolifera del Brasile, la più grande impresa statale del Sudamerica. Anche se all’inizio di ogni episodio c’è l’avvertenza d’obbligo che il programma è “liberamente ispirato a fatti reali” e che “personaggi, situazioni e altri elementi sono stati adattati per l’effetto drammatico”, il riferimento a Lula e Rousseff è costante. Pur con nomi fittizi, è facile collegare i personaggi della fiction a quelli della realtà, e la struttura della rete di corruzione e delle istituzioni, così come di chi viene danneggiato o ne trae vantaggio, riproduce pedissequamente la realtà.

Ecco perché i due ex presidenti hanno da subito osteggiato e criticato la serie (diretta da Jose Padilha, lo stesso di Narcos), accusandola di creare “notizie false” che pregiudicano il Partito dei lavoratori (Pt) proprio nell’anno delle elezioni presidenziali. Il problema sarebbero in particolare alcune ‘licenze narrative’ della trama. Alcuni dialoghi sono presi direttamente dalle intercettazioni telefoniche, tra cui la ‘famosa’ frase pronunciata dal senatore conservatore Romero Jucà, che vedendo che tutti i suoi compagni ormai detenuti, dice: “Bisogna fermare il massacro”. Frase usata come indizio per dimostrare che in Brasile si cospirava per fermare il caso Petrobras, e che nella serie invece viene messa in bocca a Lula, con tutte le implicazioni politiche del caso, così come l’ordine di cambiare la direzione della polizia con una più ‘conveniente’. Un’accusa questa fatta veramente a Lula, che però i magistrati non sono riusciti a provare.

Sia Lula che Rousseff hanno annunciato denunce e querele, accusando Padilha di promuovere “notizie false, distorcere la realtà e diffondere menzogne di ogni genere”. Rousseff, sul suo profilo Facebook, ha minacciato: “Netflix non sa in cosa si è messo”. Ma i creatori della serie si smarcano, sostenendo di non voler influire sulla situazione politica in Brasile. “Non è una serie parallela a ciò che sta accadendo ora. Non ci concentra sull’oggi, non è un telegiornale – spiega Padilha –. Inizia 10 anni fa, quindi le cose che vengono mostrate sono già successe e grazie alle indagini sappiamo come ciò è avvenuto”. Inoltre, continua il regista, “la mia posizione in Brasile è ben nota. Io non credo in nessuna ideologia, e per questo non solo posso vedere la corruzione, ma anche la logica del sistema politico. Sia a destra che a sinistra”. Secondo molti invece, la principale qualità della serie è quella di mostrare come la corruzione abbia pervaso non solo la politica brasiliana, ma tutta l’America Latina, come poi hanno dimostrato le indagini del caso Lava Jato, che hanno dato vita al caso Odebrecht, che ha coinvolto 12 paesi, di cui 9 sudamericani. Una cosa è sicura invece: tutto questo gran parlare si è rivelato una pubblicità portentosa per la serie, la cui uscita è praticamente coincisa con l’ingresso in carcere di uno dei suoi protagonisti, Lula.

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