Cinque arresti tra Roma e Latina. Duro colpo alla rete italiana di Anis Amri, il terrorista di Berlino, ritenuto responsabile dell’attentato del 2016 e ucciso dalla polizia, tre giorni dopo, a Milano. E’ il risultato di una vasta operazione anti-terrorismo condotta da personale appartenente alla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione e alle Digos della Capitale e del capoluogo pontino. Le accuse: addestramento e attività con finalità di terrorismo internazionale nonché associazione per delinquere finalizzata alla falsificazione di documenti ed al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Nel corso dell’operazione scattata stamani, e denominata “Mosaico”, sono in corso perquisizioni nelle province di Latina, Roma, Caserta, Napoli, Matera e Viterbo. Le ordinanze eseguite dal personale della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione e dalle Digos di Roma e Latina, sono state emesse dal gip del Tribunale di Roma Costantino De Robbio nell’ambito di un’indagine coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Sergio Colaiocco.

Le indagini sono scaturite dagli accertamenti svolti all’indomani dell’attacco portato il 19 dicembre 2016 al mercatino natalizio di Berlino da Amri, come noto ospitato da un suo connazionale ad Aprilia (Latina) nel 2015 le cui dichiarazioni hanno contribuito all’indagine. Gli approfondimenti hanno permesso di ricostruire la rete relazionale del terrorista tunisino nel periodo della sua permanenza in Italia fino alla partenza per la Germania avvenuta il 2 luglio 2015. In tale quadro, sono stati nel tempo individuati e monitorati vari stranieri gravitanti nell’area pontina e nel territorio della Capitale, alcuni dei quali espulsi con provvedimenti del ministro dell’Interno in quanto ritenuti una minaccia per la sicurezza dello Stato.

Tra i contatti dell’attentatore di Berlino vi era un tunisino di 37 anni residente a Latina, frequentatore del locale centro di preghiera islamico di Latina e noto per le sue posizioni radicali, legato da “consolidati rapporti di amicizia” a Napulsi Abdel Salem, arrestato stamani con l’accusa di autoaddestramento al terrorismo. Durante le indagini, i due, intercettati, si sono spesso lasciati andare a considerazioni incentrate su visioni radicali dell’Islam, connotate da una marcata ostilità per gli occidentali ed i relativi costumi utilizzando, tra le altre, espressioni del tipo “tagliare la gola e i genitali” riferite agli “infedeli“.

Nell’abitazione romana di Napulsi, oltre a un consistente quantitativo di eroina, è stato trovato un tablet la cui analisi ha fatto emergere la sua attività di auto-addestramento attraverso la visione “compulsiva” di video di propaganda riconducibili al terrorismo islamico e altri riguardanti l’acquisto e l’uso di armi da fuoco, tra cui fucili e lanciarazzi. “Dopo aver ascoltato l’invito a divenire martire della Jihad e sui vantaggi post mortem dello stesso martirio e visionato video di propaganda e brutale violenza – si legge nell’ordinanza – acquisiva istruzioni sull’uso di armi da fuoco – quali carabine e lanciarazzi soprattutto del tipo PRG-7 nonché sulla modifica di armi di libera vendita – poneva in essere comportamenti – quali l’esame delle possibilità di acquisto o locazione di mezzi di trasporto pesanti quali camion o pickup idonei a montare armi da guerra, nonché a scaricare e visionare modalità di acquisito di armi di libera vendita – univocamente finalizzati ad arrecare grave danno al Paese o ad un’organizzazione internazionale”.

Oltre a Napulsi, già in carcere a Rebibbia dal 22 novembre 2017, gli altri quattro destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare sono Akram Baazaoui, Mohamed Baazaoui, Dhiaddine Baazaoui e Rabie Baazaoui. Questi, secondo l’ipotesi accusatoria, gestivano una vera e propria associazione per delinquere, operante tra le province di Caserta e Napoli, finalizzata alla falsificazione di documenti ed al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di soggetti dalla Tunisia a vari Paesi dell’Europa. In particolare Baazaoui Akram, considerato uno dei capi dell’associazione insiema a Mohamed Baazaoui, “nel 2015 era costantemente presente a Latina” e “avrebbe dovuto procurare falsi documenti di identità ad Anis Amri”.

Il 19 dicembre 2016 un autoarticolato con targa polacca proveniente dall’Italia, Amri, arrivato in Italia nel 2011, aveva investito nella capitale tedesca la folla presente nel mercatino di Natale a Breitscheidplatz, uccidendo 12 persone e ferendone 56. L’attentato venne rivendicato dall’Isis. La notte del 22 dicembre dello stesso anno, i tunisino venne ucciso durante un controllo di polizia nei pressi della stazione Sesto San Giovanni di Milano.

Articolo Precedente

Caso Bellomo, verso il processo per stalking e lesioni il giudice che imponeva le minigonne (e altro) alle borsiste

next
Articolo Successivo

Castel Goffredo, il museo finanziato con le donazioni e gestito dai cittadini: “Custodi e guide sono volontari”

next