In Italia c’è la crisi. E fin qui son ormai 10 anni che lo si dice. Stare a piangersi addosso è purtroppo un’abitudine di molti imprenditori. Finché c’erano le vacche grasse tutti a fare i brillanti, ora che si devono studiare strategie per esportare, migliorare i processi produttivi o trattare meglio il debito con le banche (che non sono sempre cattive e mangiano i bambini) allora tutti gli imprenditori sbiancano.

Ad osservare la situazione dei debiti italiani delle aziende si nota che molte situazioni sono sanabili (la tabella sugli UTP rende l’Idea). Ovvio “sanabili” implica avere l’abilità (manager o la stessa proprietà) di gestire il debito con i rispettivi debitori e le banche.

Le imprese italiane hanno un poco di sindrome di nanismo. Piccolo è bello? Si certo se poi vai a trattare con un fornitore per una grande commessa: se non sai “come prenderlo”, piccolo significa scarse economie di scala.

In Italia negli ultimi anni ha preso piede una nuova tipologia di manager che può essere una soluzione (ovvio non si parla di miracoli) per le medie e grandi aziende.

Uno dei leitmotiv delle Pmi in Italia è che non hanno risorse. Quando si parla di risorse non mi riferisco alla semplice carenza economica. Una delle risorse mancanti, più importanti, in molte aziende è la competenza umana. Detto in parole semplici persone valide, efficaci che possano migliorare le performance delle aziende. Le medie aziende dovrebbero saper bilanciare correttamente la necessità di risorse umane altamente qualificate con la disponibilità economica.

Consideriamo, per esempio, i compiti del Chief financial officer (CFO): una figura fondamentale all’interno di un’azienda. Un ruolo che implica la gestione dei flussi di cassa, le relazioni con le banche, la pianificazione industriale (da cui può dipendere la pianificazione di acquisto di macchinari, assunzione di nuove risorse umane etc.). Un CFO esperto e strutturato costa, ma soprattutto in aziende medie, potrebbe non essere necessario con presenza quotidiana. La sua presenza in azienda può essere ottimizzata, e invece di averlo (e pagarlo) sempre, si può valorizzare la sua presenza in modo frazionale.

Il termine frazionare deriva dall’inglese fractional ed è una nuova visione dello sviluppo aziendale. Esattamente cosa è un fractional executive? Il ruolo può essere definito come suona: un manager che dedica una frazione del tempo ad una società per un certo numero di scopi. Uno dei principali scopi è di creare una strategia per la crescita e gestire gli sforzi della società a raggiungere quelli obiettivi attraverso lo staff interno. In America questo scenario è già familiare da alcuni anni, in Italia invece è una evoluzione del mercato completamente nuovo.

Come funziona? I manager frazionari operano con le imprese in molti modi differenti. In genere, l’esecutivo ha più clienti, quindi lui/lei si muove da un ufficio all’altro, oppure struttura la sua agenda mensile in base a presenza mirate verticali (una giornata intera) oppure orizzontale (tutte le mattine).

Non mancano manager che fanno questa scelta ma, ponendosi nella mente di una proprietà, ci si domanda “dove si trovano?” Di norma la ricerca di figure del genere è un percorso tra reti di conoscenze, oneroso in termini di tempo. Tuttavia, negli ultimi anni nello scenario italiano è cresciuto un gruppo che si è specializzato in questo settore di advisory “operativa” C-LEVEL o fractional executive: Yourgroup. Di recente sono stati scelti anche per diventare partner di Borsa Italiana (in particolare il progetto Elite).

La sfida ora è nelle mani delle piccole e medie imprese italiane, che devono comprendere se – essendo presente in Italia una situazione di crisi conclamata – hanno interesse a investire in competenze per cercare di trovare soluzioni a delle sfide che la spina dorsale italiana (composta, appunto, dalle Pmi) deve affrontare.

@enricoverga

Articolo Precedente

Sanità, ridurre gli sprechi moralizzando la scienza

next
Articolo Successivo

Trump, i dazi imposti alla Cina hanno a che fare con la vendita di Shale gas

next