Monsignor Dario Edoardo Viganò, il prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede, si è dimesso. Dimissioni subito accettate da Papa Francesco che ha nominato Viganò assessore del dicastero vaticano che si occupa dei media vaticani affidando la guida della Segreteria per la comunicazione all’attuale numero due, monsignor Lucio Adrián Ruiz, fino alla nomina del nuovo prefetto. Nelle ultime ore, nella Curia romana, la richiesta delle dimissioni di Viganò era diventata sempre più pressante dopo che l’ormai ex capo dei media vaticani aveva rivelato soltanto in parte, omettendone i passaggi chiave, la lettera che Benedetto XVI aveva scritto in merito alla collana sulla teologia di Papa Francesco edita dalla Libreria Editrice Vaticana.

Il 12 gennaio scorso Viganò aveva scritto una lettera a Ratzinger chiedendo un’introduzione all’opera pubblicata dalla casa editrice della Santa Sede. Quasi un mese dopo, il 7 febbraio successivo, Benedetto XVI aveva risposto di no precisando che uno degli autori della collana aveva attaccato il magistero di san Giovanni Paolo II e anche quello del Papa tedesco. Il 12 marzo seguente, alla vigilia del quinto anno di pontificato di Papa Francesco, Viganò ha letto parzialmente la lettera di Ratzinger, omettendo i passaggi nei quali Benedetto XVI criticava alcune scelte importanti e di fatto stravolgendone il senso. Quello che è apparso subito, infatti, era un atto di difesa del Papa emerito nei confronti del suo successore continuamente bersagliato dagli attacchi. Ma Ratzinger non aveva scritto nulla di tutto ciò.

Oltretutto sulla busta contenente la lettera indirizzata a Viganò, Benedetto XVI aveva scritto “riservata personale”. Immaginabile, dunque, lo stupore del Papa emerito quando si è ritrovato quel testo parzialmente pubblicato sui giornali di tutto il mondo. In un primo tempo la colpa era stata data ai collaboratori dell’ormai ex prefetto della Segreteria per la comunicazione che avevano inviato ai giornalisti accreditati presso la Sala Stampa della Santa Sede una foto ritoccata della lettera di Ratzinger nella quale erano omessi alcuni passaggi. Passaggi, però, che si credeva Viganò avesse letto integralmente alla presentazione della collana della Lev avvenuta nella sede di Radio Vaticana. Invece così non era.

Dopo alcuni giorni, infatti, nei sacri palazzi sono iniziate a circolare voci sempre più insistenti che nella lettera di Benedetto XVI c’era dell’altro. Alla fine, d’intesa con Ratzinger, Francesco ha deciso di far pubblicare integralmente il testo della missiva e allora lo scandalo della lettera taroccata dal capo della comunicazione vaticana è emerso nella sua gravità. Un episodio che ha reso, dunque, inevitabili le dimissioni.

“In questi ultimi giorni – ha scritto Viganò nella lettera di dimissioni inviata a Bergoglio – si sono sollevate molte polemiche circa il mio operato che, al di là delle intenzioni, destabilizza il complesso e grande lavoro di riforma che Lei mi ha affidato nel giugno del 2015 e che vede ora, grazie al contributo di moltissime persone a partire dal personale, compiere il tratto finale. La ringrazio per l’accompagnamento paterno e saldo che mi ha offerto con generosità in questo tempo e per la rinnovata stima che ha voluto manifestarmi anche nel nostro ultimo incontro. Nel rispetto delle persone, però, che con me hanno lavorato in questi anni e per evitare che la mia persona possa in qualche modo ritardare, danneggiare o addirittura bloccare quanto già stabilito del Motu Proprio L’attuale contesto comunicativo del 27 giugno 2015, e soprattutto, per l’amore alla Chiesa e a Lei Santo Padre, Le chiedo di accogliere il mio desiderio di farmi in disparte rendendomi, se Lei lo desidera, disponibile a collaborare in altre modalità)”.

Viganò ricorda, inoltre, che “in occasione degli auguri di Natale alla Curia nel 2016, Lei ricordava come ‘la riforma sarà efficace solo e unicamente se si attua con uomini ‘rinnovati’ e non semplicemente con ‘nuovi’ uomini. Non basta accontentarsi di cambiare il personale, ma occorre portare i membri della Curia a rinnovarsi spiritualmente, umanamente e professionalmente. La riforma della Curia non si attua in nessun modo con il cambiamento delle persone, che senz’altro avviene e avverrà, ma con la conversione nelle persone’. Credo che il ‘farmi in disparte’ – prosegue Viganò – sia per me occasione feconda di rinnovamento o, ricordando l’incontro di Gesù con Nicodemo, il tempo nel quale imparare a ‘rinascere dall’alto’. Del resto non è la Chiesa dei ruoli che Lei ci ha insegnato ad amare e a vivere, ma quella del servizio, stile che da sempre ho cercato di vivere. Padre Santo, La ringrazio se vorrà accogliere questo mio ‘farmi in disparte’ perché la Chiesa e il suo cammino possa riprendere con decisione guidata allo Spirito di Dio”.

Immediata la risposta di Francesco. “A seguito dei nostri ultimi incontri – ha scritto Bergoglio – e dopo aver a lungo riflettuto e attentamente ponderate le motivazioni della sua richiesta a compiere ‘un passo indietro’ nella responsabilità diretta del Dicastero per le comunicazioni, rispetto la sua decisione e accolgo, non senza qualche fatica, le dimissioni da Prefetto. Le chiedo – prosegue il Papa – di proseguire restando presso il Dicastero, nominandola come Assessore per il Dicastero della comunicazione per poter dare il suo contributo umano e professionale al nuovo Prefetto al progetto di riforma voluto dal Consiglio dei Cardinali, da me approvato e regolarmente condiviso. Riforma ormai giunta al tratto conclusivo con I’imminente fusione dell‘Osservatore Romano all’interno dell’unico sistema comunicativo della Santa Sede e I’accorpamento della Tipografia Vaticana. Il grande impegno profuso in questi anni nel nuovo Dicastero con lo stile di disponibile confronto e docilità che ha saputo mostrare tra i collaboratori e con gli organismi della Curia romana ha reso evidente come la riforma della Chiesa non sia anzitutto un problema di organigrammi quanto piuttosto l’acquisizione di uno spirito di servizio”.

Leggendo la lettera di Benedetto XVI, Viganò non aveva omesso questo passaggio che, però, non era stato poi inviato ai giornalisti: “Tuttavia non mi sento di scrivere su di essi ‘una breve e densa pagina teologica’. In tutta la mia vita è sempre stato chiaro che avrei scritto e mi sarei espresso soltanto su libri che avevo anche veramente letto. Purtroppo anche solo per ragioni fisiche non sono in grado di leggere gli undici volumetti nel prossimo futuro, tanto più che mi attendono altri impegni che ho già assunti”.

Si credeva che non ci fossero altri paragrafi omessi, mentre invece dalla missiva del Papa emerito era stato tolto il passaggio chiave: “Solo a margine vorrei annotare la mia sorpresa per il fatto che tra gli autori figuri anche il professore Hünermann, che durante il mio pontificato si è messo in luce per aver capeggiato iniziative anti-papali. Egli partecipò in misura rilevante al rilascio della ‘Kölner Erklärung’, che, in relazione all’enciclica ‘Veritatis splendor’, attaccò in modo virulento l’autorità magisteriale del Papa specialmente su questioni di teologia morale. Anche la ‘Europäische Theolongesellschaft’, che egli fondò, inizialmente da lui fu pensata come un’organizzazione in opposizione al magistero papale. In seguito, il sentire ecclesiale di molti teologi ha impedito questo orientamento, rendendo quell’organizzazione un normale strumento di incontro fra teologi. Sono certo che avrà comprensione per il mio diniego e La saluto cordialmente”.

Twitter: FrancescoGrana

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