Cinque anni fa erano i pulmini organizzati di notte per scendere a Roma, gli zaini riempiti senza sapere bene cosa mettere dentro e gli occhi disorientati di fronte alla massa di giornalisti. Oggi per i 333 eletti del Movimento 5 stelle (221 alla Camera e 112 al Senato) si apre un mondo nuovo: c’è un candidato presidente del Consiglio che è anche capo politico, uno staff già rodato che assiste tutte le sue mosse e un gruppo di parlamentari uscenti riconfermati che possono accompagnarli e aiutarli, almeno per la prima fase di passaggio. Ora che il M5s si trova ad affrontare una delle fasi più delicate di tutta la sua storia, tra aspirazioni di governo e rischi di farsi intaccare dai giochi di potere con mediazioni e compromessi, è necessario che il gruppo parlamentare sia più compatto che mai. Oggi pomeriggio, nella prima riunione collegiale nella Capitale, si guarderanno in faccia e saranno date le prime indicazioni: chi sono gli addetti alla comunicazione, come comportarsi quando vengono chieste delle interviste, come gestire i rimborsi. Saranno anche annunciati i nomi dei nuovi capigruppo scelti da Di Maio e che, salvo sorprese, saranno proprio due parlamentari uscenti (i nomi più probabili sono Giulia Grillo e Danilo Toninelli), molto vicini ai vertici e già di esperienza sul campo. Il piano di battaglia per la compattezza è pronto, ma potrebbe non bastare. Tante sono le new entry: tra loro ci sono i “vip”, dai giornalisti Gianluigi Paragone e Emilio Carelli, al velista Andrea Mura, fino alla testimone di giustizia Piera Aiello e l’archeologa ostracizzata Margherita Corrado. Ci sono i fedelissimi che arrivano da altri incarichi, come il consigliere regionale lombardo Stefano Buffagni, o gli ex collaboratori che si sono fatti le ossa a livello locale. Un capitolo a parte meritano quelli già ripudiati e che invece sono stati eletti lo stesso: sono otto e bisogna vedere chi davvero procederà con le dimissioni e chi invece si farà corteggiare dagli altri partiti. Da non sottovalutare in chiave strategica due siciliani considerati vicini a Sergio Mattarella: Giorgio Trizzino e Steni Di Piazza.

I fedelissimi di Luigi Di Maio La preoccupazione di ogni retroscena è sempre capire quanto e come Davide Casaleggio e Beppe Grillo influenzino le scelte del leader M5s, ma c’è un dato che spesso ci si dimentica: Di Maio ha soprattutto saputo costruirsi una rete di fedelissimi che lo aiutano e lo consigliano nella sua attività dentro e fuori il Parlamento. C’è sicuramente anche la loro firma nella riuscita dell’ultima campagna elettorale e scorrendo l’elenco di chi è stato eletto non si può fare a meno di notare che sono entrati praticamente tutti. Sono i parlamentari uscenti che si sono distinti nella scorsa legislatura per correttezza e fedeltà, ma anche eletti a livello locale che hanno dato più di una volta il loro contributo. Su di loro Di Maio potrà e dovrà contare nei prossimi mesi. Sicuramente si parte da Vincenzo Spadafora: eletto a Casoria, dove ha ottenuto oltre il 50 per cento di preferenze, è ex garante dell’Infanzia ed è stato responsabile delle relazioni istituzionali di Di Maio in Parlamento. E’ sua la frase durante un comizio ad Agropoli: “Guarderemo l’Italia dal basso verso l’alto”, che poi in tanti hanno preso come “inno” di conquista del Nord. Alla Camera il leader M5s potrà poi contare su Alfonso Bonafede, eletto in Toscana, e Riccardo Fraccaro dal Trentino Alto Adige. I due sono stati designati rispettivamente ministro M5s della Giustizia e dei Rapporti con il Parlamento, diventando gli unici due nomi “politici” nell’eventuale governo a 5 stelle. Sono tra i consiglieri più fidati di Di Maio in queste ore. C’è poi l’ex consigliere lombardo Stefano Buffagni: è considerato uno dei registi della campagna nelle regioni settentrionali (a lui si riconosce il buon risultato al Nord) e, nonostante il ruolo finora defilato, è tra le voci più ascoltate per pragmaticità e capacità di muoversi nelle istituzioni. Segue una lunga lista di nomi di eletti “fedeli” che, anche se meno in primo piano, possono dare sicurezze al leader: Giulia Grillo, siciliana che già si era distinta alla Camera quando aveva ricoperto il ruolo di capogruppo e che aspira ad avere nuovi incarichi; Laura Castelli, torinese e figlia della prima guardia (quella che deriva, tanto per intenderci, dal consigliere regionale Davide Bono, volto storico del Movimento) a cui sono stati affidati più volte ruoli di responsabilità; Manlio Di Stefano, rieletto in Lombardia e da sempre molto vicino ad Alessandro Di Battista; Mattia Fantinati, eletto a Verona e uno dei punti di riferimento per il Nord, e in passato dato come potenziale ministro al Turismo; Maria Edera Spadoni, un’altra che si è sempre intesa bene in commissione Esteri con Di Battista e che ha dato prova di non tentennare al momento del bisogno. Il Senato non è da meno. Un nome da fare fra tutti è quello di Danilo Toninelli, uomo delle riforme ed esperto dei sistemi elettorali, è stato eletto non a caso a Palazzo Madama e da lì servirà anche per tenere sotto controllo un gruppo che nella scorsa legislatura aveva dato qualche problema in quanto a eccessiva autonomia (vedi l’alto numero di espulsi). Da citare poi naturalmente Barbara Lezzi: coinvolta e poi salvata nel caso rimborsopoli, è un volto forte del Movimento, tanto che ha vinto in Puglia in uno dei collegi più difficili d’Italia, dove correvano addirittura Massimo D’Alema e Teresa Bellanova. Da citare poi anche: Nunzia Catalfo, già membro dei probiviri (l’organo che fa rispettare le regole dentro il Movimento); Giovanni Endrizzi, punto di riferimento per le sue battaglie contro il gioco d’azzardo; Laura Bottici, toscana che si era distinta nel ruolo di questore a Palazzo Madama nella scorsa legislatura e che conosce molto bene la macchina; Paola Taverna, eletta nel Lazio, da sempre in prima linea nel gruppo, addirittura è stata ipotizzata come nome in corsa per incarichi istituzionali; infine Vito Crimi, senatore lombardo, conosciuto come l’uomo delle regole (è membro del comitato di garanzia M5s) e fedelissimo anche di Beppe Grillo.

Gli ortodossi – E’ sicuramente un momento di grande ottimismo dentro il M5s, ma questo non vuol dire che, come in tutti i gruppi, non ci siano anime diverse che potrebbero riemergere in certe condizioni. A parlare c’è la storia di molti degli eletti riconfermati dalla scorsa legislatura. Alla Camera ad esempio ci sono due che furono fedelissimi e che poi, nei vari riposizionamenti, sono finiti più in ombra: Carla Ruocco e Carlo Sibilia. Entrambi erano addirittura membri del direttorio, la struttura che fu a suo tempo istituita da Beppe Grillo per migliorare la gestione dei gruppi parlamentari, ma che poi venne sciolta proprio per problematiche interne. Ruocco ebbe molte tensioni con i vertici ai tempi della crisi di Virginia Raggi in Campidoglio, poi tutto rientrò ma la ferita non si è mai rimarginata per davvero. Sibilia è stato messo da parte, hanno giocato alcuni errori di comunicazione, ma anche qualche posizione troppo vicina all’ala ortodossa. E parlando di ortodossi non si può non citare Roberto Fico: è stato il grande protagonista della kermesse di Rimini, quando decise di non parlare dal palco in polemica con le modalità di scelta del capo politico M5s. Per una settimana sui giornali si parlò solo del suo scontro con i vertici, che addirittura risaliva a un anno prima (dal palco di Palermo fece, a sorpresa, un’invettiva contro le derive del selfie e per un ritorno alle origini). In realtà Fico, dopo l’incoronazione di Di Maio come capo politico, è rientrato nei ranghi e ha ricominciato a fare squadra: molto hanno influito, raccontano, le capacità del leader al dialogo e lo spirito propositivo dell’ortodosso. Almeno per ora è così. Si parla poco anche di Alessio Villarosa, eletto in Sicilia ed ex capogruppo alla Camera: ha avuto ruoli importanti, salvo poi tenersi più in disparte. Un altro volto importante è invece al Senato e si chiama Nicola Morra. Eletto in Calabria, è da sempre un punto di riferimento per l’ala riflessiva del Movimento. E’ stato lui a proporre la scuola di politica sulla piattaforma Rousseau, sempre lui a non nascondere perplessità sulla gestione Di Maio in passato. I dissidi sono sempre rientrati e lui è rimasto un volto stimato da varie parti. Merita una citazione anche Elena Fattori, senatrice rimasta sempre dietro le quinte, ma che ai tempi delle primarie per scegliere il capo politico si candidò a sorpresa: fu un gesto dal sapore polemico per ribadire l’importanza di avere più volti, ma, almeno ufficialmente, non è mai andata oltre. Infine arriva a Palazzo Madama il ligure Matteo Mantero: voce libera dentro al Movimento, è tra coloro che hanno fatto la battaglia per il Biotestamento. Non ha mai nascosto le sue opinioni quando non coincidevano con la linea, ma ha sempre cercato di risolvere tutto in casa per non danneggiare il M5s.

I “vip” – I grillini questa volta portano dentro, tra candidature uninominali e al proporzionale, anche tanti volti “famosi”. Primo fra tutti si può nominare Gregorio De Falco, eletto a Livorno. E’ il capitano di fregata della Guardia costiera che gestì le operazioni di salvataggio durante il naufragio della Costa Concordia, ovvero colui che disse il famoso “Salga a bordo cazzo”, pronunciato contro Francesco Schettino. E’ una figura a cui i 5 stelle tengono molto, sia per l’immagine che per il contributo che attendono nei suoi settori di competenza. Tre i giornalisti “noti” che fanno il loro ingresso in Parlamento: Emilio Carelli, eletto nel Lazio ed ex direttore di Sky Tg24; Gianluigi Paragone, ex direttore de la Padania e conduttore a la Gabbia su La7; Primo Di Nicola, ex cronista de l’Espresso, poi al Fatto Quotidiano e direttore de il Centro. La Sardegna avrà alla Camera come rappresentante Andrea Mura, grande velista d’altura e vincitore di competizioni di altissimo livello internazionale. Tra i successi dei 5 stelle, c’è da ricordare sicuramente l’elezione di Piera Aiello. Testimone di giustizia e cognata di Rita Atria, morta suicida il giorno dopo l’omicidio di Paolo Borsellino: ha fatto tutta la campagna elettorale nascondendo il suo volto per motivi di sicurezza. Dopo l’ingresso in Parlamento tornerà a usare le sue generalità. Entra anche Alvise Maniero: ex giovanissimo sindaco di Mira, fu da subito uno dei volti simbolo del Movimento ed è molto stimato dai grillini. In un primo momento, terminato l’incarico da primo cittadino, aveva detto di volersi dedicare all’università, ma la candidatura in Parlamento è stata poi una tentazione troppo grande. A Palazzo Madama va Elio Lannutti, presidente onorario Adusbef, già senatore per l’Italia dei valori: da tempo è vicino ai 5 stelle e negli scorsi anni li ha aiutati in numerose battaglie parlamentari come consulente esterno.

La società civile – Se in Campania non ce l’ha fatta Alessia D’Alessandro, incensata in campagna elettorale come uno dei volti giovani e più promettenti, sono comunque tante le facce “normali” provenienti dalla società civile e che ora avranno la possibilità di varcare le soglie del Parlamento. Una di cui il Movimento va molto orgoglioso è la neo-senatrice Margherita Corrado, ostracizzata dopo che aveva denunciato la cementificazione di Punta Scifo, a Crotone e diventata un simbolo delle battaglie contro “i poteri forti”. Due figure chiave potrebbero essere anche Giorgio Trizzino e Steni Di Piazza, entrambi eletti in Sicilia e legati per motivi personali a Sergio Mattarella. Trizzino, neodeputato, è ex direttore sanitario dell’Ospedale dei bambini di Palermo, ed è storico amico di famiglia del Capo dello Stato; Di Piazza, neosenatore, è ex direttore di Banca etica, ha aiutato i grillini siciliani a mettere in piedi il fondo per la piccole a media impresa, e, soprattutto, nei primi anni ’90 è stato consigliere comunale della Democrazia cristiana nella corrente di sinistra allora guidata proprio dall’attuale presidente della Repubblica. Chissà che entrambi non possano tornare utili nelle prossime mosse in vista del governo. Sono tanti anche i docenti universitari, come il ricercatore di chimica organica Marco Bella (è anche blogger de ilfattoquotidiano.it) o la professoressa di farmacologia Angela Ianaro, eletta in Campania. C’è anche un registra e sceneggiatore: si chiama Riccardo Ricciardi ed è toscano classe 1982. Uno dei più giovani è Luigi Iovino che ha compiuto 25 anni a gennaio ed è stato eletto alla Camera in Campania. In questa legislatura il Movimento può anche vantare di aver fatto eleggere la prima donna in Valle d’Aosta: si tratta di Elisa Tripodi, è consulente assicurativa e ha battuto Alessia Favre, ex presidente dell’Uvp, presentata dalla forze autonomiste di governo regionale. Ma non è l’unica sorpresa. C’è ad esempio l’impresa del direttore d’orchestra Michele Nitti che ha vinto a Lecce, lui che è di un paesino, contro Erio Congedo, ex assessore comunale vicino a Raffaele Fitto. Oppure Maria Lalla Mantovani, storica attivista emiliana che ha deciso di dedicare il suo impegno al marito scomparso per una malattia e che fu tra i primi a “battersi per trasmettere le sedute in streaming” del consiglio comunale di Correggio (Reggio Emilia).

Da dove vengono – Una delle preoccupazioni è anche quella di capire il passato politico dei nuovi eletti, per cercare di prevenire simpatie e correnti. Ci sono alcuni che hanno già creato qualche polemica a livello locale, ma le cui candidature sono comunque state approvate. In Sicilia ad esempio è stata eletta la dirigente scolastica Vittoria Casa: ha fatto discutere per il suo passato nel Partito democratico (è stata dirigente locale nel 2008 quando il Movimento non era ancora nato). Sempre dall’Isola vengono Francesco Mollame, neo senatore, e Filippo Giuseppe Perconti, neo deputato: il primo è stato ex candidato di una lista civica vicina all’Mpa di Raffaele Lombardo, il secondo in passato attivista dei giovani Mpa. C’è poi il caso dei due che militarono nel 2010 con i comunisti: Mario Perantoni in Sardegna e Giuseppe Adduino in Calabria. Infine è stata salvata, nonostante le contestazioni, Patty L’Abate, eletta in Puglia anche se nel 2012 si candidò con la lista civica “Io Sud- Partito liberale italiano”. Siederà al Senato. E’ entrato per le Basilicata anche Luciano Cillis, che nel 2009 corse alle provinciali per l’Udeur di Clemente Mastella.

Chi si rivede – Tra gli ingressi non bisogna dimenticare i tanti che hanno fatto esperienza a livello locale o a fianco di eletti M5s in varie istituzioni. C’è ad esempio Francesco Berti (classe 1990) che è stato stagista al Parlamento europeo con il gruppo Efdd (quello di cui fanno parte i grillini). Oppure Adriano Varrica, considerato uno dei fondatori del Movimento 5 stelle a Palermo, e che ha lavorato a Bruxelles prima con l’eurodeputata Sonia Alfano e poi con Ignazio Corrao. Sempre in Sicilia c’è Antonio Lombardo, ex assistente del Movimento all’Assemblea regionale siciliana. Dal Piemonte arriva Luca Corbetta, attivista della prima ora e collaboratore parlamentare di Ivan Della Valle, uno degli espulsi per il caso rimborsopoli. I grillini che conoscono bene il M5s ricorderanno anche Davide Zanichelli: è stato eletto in Emilia Romagna alla Camera ed è stimato per essere stato uno dei primissimi consiglieri comunali del Movimento. Eletta sempre a Montecitorio è Iolanda Nanni, ex consigliera regionale lombarda nota tra i 5 stelle come “la guerriera del Movimento” per la sua battaglia contro il cancro.

Chi non ce l’ha fatta – Ci sono anche tanti volti noti della scorsa legislatura che, nonostante il boom M5s, non sono riusciti a entrare in Parlamento. E’ fuori Giorgio Sorial, il deputato lombardo, nato in Italia da genitori egiziani, che finì al centro delle polemiche per aver dato del “boia” al presidente emerito Giorgio Napolitano. Candidato sia all’uninominale che al proporzionale, non ha ottenuto abbastanza voti per riuscire a rientrare in Parlamento. Un po’ a sorpresa non ce l’ha fatta nemmeno Michele Dell’Orco, candidato al collegio uninominale di Sassuolo, che fu anche capogruppo a Montecitorio. Poi Mirko Busto in Piemonte; Cosimo Petraroli in Lombardia. Annunciata invece l’esclusione di Paolo Bernini, il deputato uscente animalista e vegano, diventato famoso per aver citato, in una delle sue prime interviste, la teoria complottista del microchip sotto pelle negli Usa. Sempre Bernini è stato condannato a risarcire il suo ex assistente Lorenzo Andraghetti per licenziamento senza giusta causa (ad oggi non ha ancora pagato). Gli esclusi del Senato infine sono il brianzolo Bruno Marton, il senatore no-Tav Marco Scibona, la senatrice toscana Sara Paglini. Senza seggio anche il deputato veneziano Emanuele Cozzolino e la senatrice bolognese Elisa Bulgarelli, entrambi finiti nella rimborsopoli M5s e in attesa del verdetto del collegio dei probiviri grillini.

Il 2018 non è il 2013 – Morale, ora che le liste, salvo le ultime assegnazioni, sono complete è sempre più chiara una cosa: c’è stato un lavoro di selezione e filtro che, seppur con alcuni errori lampanti, ha avuto più risultati di quello che si pensava. Ci hanno lavorato in tanti (l’eurodeputato Ignazio Corrao in primis, ma poi si è chiesta consulenza anche ad alcuni magistrati) e il peggio è stato evitato. L’incubo è ripetere le scene alla Marino Mastrangeli, il senatore M5s che nel 2013 fu buttato fuori nel giro di pochi giorni. Quello, lo hanno ripetuto ad ogni riunione interna, non deve più succedere. Perché nella partita a scacchi che li può portare al governo, non sono più ammessi errori.

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