Diversi in tutto – età, carattere, luogo di nascita e provenienza – ma accomunati dalla medesima passione per il lavoro che fanno, nessuno degli undici agenti della Polizia Provinciale di stanza al Tecnoparco di Verbania aveva mai sospettato di potersi trovare un giorno sprofondato in quella che da mesi è diventata la loro umiliazione quotidiana: privi di tutto ciò che serve per tutelare l’ambiente loro affidato. Con due ferrivecchi in procinto di disfarsi devono coprire un’area di 2.255 chilometri quadrati fatta di laghi, torrenti, fiumi, rocce, montagne e vallate impervie, senza l’ombra di un automezzo adatto al trasporto degli animali feriti, senza sirene né lampeggianti né catarifrangenti, senza guanti, senza stivali, spesso costretti a dire no a una molteplicità di richieste che un tempo venivano regolarmente evase. No a chi gli segnala incidenti causati da animali che irrompono sulla superstrada, no al recupero di stambecchi afflitti da cheratocongiuntivite, una malattia che porta alla cecità questi magnifici animali e li condanna a morte sicura se non vengono catturati e curati per tempo; no a interrompere estemporanee battute di caccia fuori stagione e fuori legge; no per intervenire tempestivamente contro l’abbandono di rifiuti velenosi.

Si chiamano Riccardo (il comandante), Fabrizio (il vicecomandante), Lorena (l’unica donna del gruppo), Giacomo (il più anziano, 60 anni), Daniele (il più giovane, 40), Paolo (il più schivo), Mauro (l’amico sempre disponibile), Marco (il campione sugli sci), Alberto (il più allegro), Attilio (il più cauto), Roberto (il più taciturno). Sono periti chimici o biologi, diplomati in materie ambientali ed esperti di scienze naturali, di ecologia ed ecosistemi, sono specialisti del monitoraggio e della valutazione dei rischi naturali, uomini e donne che militano nei ranghi della polizia giudiziaria del Verbano Cusio Ossola incaricata di far rispettare le leggi che lo Stato ha varato e che le Regioni hanno diligentemente recepito a tutela del territorio.

Il comandande Riccardo e i suoi agenti hanno da svolgere compiti che richiedono competenze diverse, ma tutti delicatissimi. Per esempio: in caso di lavori all’alveo di fiumi e torrenti mettere in sicurezza – operazione pesante e complicata – i pesci che vi nuotano; oppure monitorare lo stato di salute delle diverse specie animali, dai rapaci ai volatili che possono venire colpite da aviaria; e poi combattere la pesca di frodo e il bracconaggio; individuare chi, tra i proprietari di centraline idroelettrice (ce ne sono nel Verbano Cusio Ossola almeno duecento) trasgredisce alla legge che impone loro di non prosciugare gli alvei a valle delle prese, per non condannare a morte gli organismi acquatici che lì hanno dimora e l’intero ecosistema della zona.

Con la legge Delrio del 2014, gli undici agenti sono stati trasferiti alla Regione Piemonte per quanto riguarda la gestione economica. Torino garantisce loro lo stipendio e, sulla carta, gli dovrebbe anche dare gli strumenti per lavorare. Ma non lo fa.

Adesso, spazientiti da mesi di inutili richieste all’indirizzo dei superiori, comprovato che neppure il blocco della reperibilità notturna riesce a smuovere chi dovrebbe aiutarli, hanno avviato una forma di protesta per loro inedita: una raccolta di firme online, che ha il supporto di Uberto Calligarich, il combattivo veterinario protagonista di tante battaglie ambientaliste della regione, e che chiede ai cittadini di aiutarli in una battaglia che non ha niente di privato: nella petizione online si legge, infatti, “chiediamo aiuto per l’ambiente e per gli animali selvatici del Verbano Cusio Ossola. Chiediamo alla Regione Piemonte di intervenire urgentemente per consentire ai nostri agenti di continuare il loro lavoro nell’interesse della collettività”.

Sono richieste ragionevoli che i cittadini come voi e come me diligentemente sottoscrivono (le firme sono ormai più di 5.500) intanto che i decisori non decidono: tacciono.

E’ un silenzio che comincia a pesare come un macigno. Ma non commettiamo l’errore di attribuirlo a distrazione, caso, accidentale disguido, povertà transitoria, vergogna passeggera. No, perché il Verbano Cusio Ossola è solo un piccolissimo esempio di ciò che colpisce la Terra tutta intera, è un microcosmo che riflette né più né meno ciò che accade a ogni latitudine di questo grande bellissimo infelice pianeta

Osannato su ogni pezzo di carta che ci capita sotto gli occhi, sontuosamente rappresentato negli spot pubblicitari, celebrato nei libri di testo dall’asilo al dottorato, enfaticamente raccontato nei lungometraggi tv, l’ambiente è diventato il superfeticcio mediatico dei nostri tempi. Con questa interessante peculiarità: quanto più amato e celebrato a parole, tanto più è martoriato, trascurato e vilipeso nella vita di tutti i giorni, la nostra.

Pensate agli elefanti africani sterminati per l’avorio, alle migliaia di pescecani che muoiono ogni giorno di orrenda morte, senza più le pinne per nuotare, per qualche manicaretto in più sulla nostra tavola, alle trivelle che minacciano l’Alaska, alle esalazioni tossiche della Terra dei Fuochi, alle incalcolabili ferite che ogni giorno all’ambiente vengono inflitte e restano impunite. E poi pensate agli undici agenti della Polizia provinciale di Verbania senza stivali, senza un automezzo per il trasporto degli animali in pericolo e senza risorse per combattere la pesca di frodo, il bracconaggio, le discariche abusive.

Se ci vedete un nesso, e se questo nesso non vi piace, allora firmate anche voi.

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