Matteo Renzi “diceva di voler liberare l’Alto Adige da questo sistema di dipendenza dalla Svp, ma se n’è dimenticato un nanosecondo dopo averlo promesso”. Il segretario del Pd si è invece piegato a questo sistema scendendo a patti con il partito sudtirolese, pur di paracadutare Maria Elena Boschi nel collegio sicuro di Bolzano. Una scelta che “è stata solo l’ultima goccia di un Pd che ha asfaltato la comunità di lingua italiana in Alto Adige”. A parlare al IlFattoQuotidiano.it è Roberto Bizzo, presidente del Consiglio provinciale e leader della minoranza dem altoatesina che a 10 giorni dal voto ha annunciato l’uscita dal partito in polemica proprio contro la “candidatura imposta dall’alto” di Gianclaudio Bressa e Boschi nel collegio Bolzano-Bassa Atesina. Bizzo non ha ancora deciso se seguire i suoi: “Devo pensarci, perché per me è una decisione traumatica. Ma condivido e sottoscrivo tutto quanto detto dalle mie amiche e dai miei amici”.

Sotto accusa non c’è solo la scelta di candidare Boschi a Bolzano, ma in generale un sistema di sottomissione del Partito democratico alla Sudtiroler Volkspartei, la forza di governo in Alto Adige, a costo di sacrificare le idee e la rappresentanza della parte italiana. In qualche modo lo ha ammesso lo stesso Karl Zeller, senatore uscente del partito sudtirolese, che ha definito questa legislatura “la più fruttuosa dal 1948″, facendo riferimento in particolare alle 20 norme d’attuazione e 4 riforme dello Statuto di autonomia approvate negli ultimi cinque anni. Ma non si possono neanche dimenticare la salvaguardia ad hoc delle banche rurali bolzanine o il rinnovo della concessione dell’Autobrennero fino al 2048.

E’ stato proprio lo stesso Zeller, molto apprezzato negli ambienti dem romani, il principale regista della doppia candidatura di Bressa e Boschi in Bassa Atesina. Lo spiega al Fatto.it Luigi Fava, assessore del comune di Ora e uno dei 14 dissidenti fuoriusciti dal Pd: “Zeller ha presentato la candidatura di Bressa sul tavolo di Renzi. Il segretario in cambio ha chiesto di poter paracadutare Maria Elena Boschi a Bolzano. Questo è stato il patto fra i due. E l’Assemblea provinciale Pd non è mai stata interpellata, ha saputo tutto dai giornali”. I fuoriusciti hanno invitato i loro elettori a continuare a votare a centrosinistra, citando in un passaggio anche Liberi e Uguali, e Tava avverte: “Il frutto di questo patto scellerato è sotto gli occhi di tutti: non solo la base dem è scontenta, ma anche quella della Svp”.

I dissidenti accusano anche i vertici locali di una certa connivenza con questo sistema di rapporti tra la Svp e il Pd nazionale. “La scelta di candidare Boschi e Bressa è la prova di un partito che ha sistematicamente abdicato alla rappresentanza di una comunità in Alto Adige e l’ha demandata a Roma”, afferma Bizzo. Un disagio che la minoranza altoatesina manifestava da tempo e che ha avuto come punto di non ritorno, prima della candidatura della Boschi, la questione della toponomastica.

La richiesta di abolire dai cartelli stradali i nomi italiani in disuso è uno di quei favori che la Svp chiede con insistenza ormai da anni. Ma l’ultimo accordo era saltato proprio per via del veto di Bizzo: secondo il presidente del Consiglio provinciale non vi erano abbastanza garanzie per la salvaguardia dei toponimi di lingua italiana. E non è un caso che proprio dopo le candidature di Boschi e Bressa a Bolzano, il capogruppo della Svp in consiglio provinciale abbia chiesto e ottenuto di inserire all’ordine del giorno della prossima sessione – che si terrà il 6 marzo, due giorni dopo il voto – proprio il disegno di legge sulla toponomastica fermo dal 2016. E’ una mossa per rinviare la sentenza della Corte costituzionale sul testo, in attesa di nuovi sviluppi politici. “Hanno iniziato a farmi il processo all’interno del Pd proprio dopo la questione della toponomastica – racconta Bizzo – da quel momento hanno cercato di mettermi al bando in mille modi”.

Bizzo si definisce “amareggiato” da tutto quanto accaduto nell’ultimo periodo. Lui che aveva sostenuto Renzi, parla di “una delusione politica e personale profondissima”. “Dai tempi di Francesco Rutelli e della Margherita, fino a Enrico Letta, quando a Roma accadeva qualcosa che riguardava l’Alto Adige, arriva subito una telefonata”, spiega, “ora non succede più”. La Svp d’altronde porta quasi 150mila voti alle elezioni e siede in quei seggi del Parlamento che spesso sono risultati decisivi per sostenere la maggioranza. Per questo ha la priorità.

“Eravamo ingessati in un Pd che è diventato il partito dei veti, della spartizione delle poltrone. E questo non è nel nostro dna”, afferma Tava. Il risultato è stato, secondo l’assessore, la totale assenza di “una rappresentanza politica della comunità di lingua italiana in Alto Adige”. E questo è l’obiettivo dei fuoriusciti dal Pd: “Dopo le elezioni faremo una costituente per formare una nuova realtà di centrosinistra che raggruppi anche parti della società civile e tutti coloro che vogliono rappresentare una nuova forza moderata a Bolzano”. “Ha poco senso iscriversi a un qualsiasi sigla nazionale che poi si cura poco di quanto succede in Alto Adige – conclude Bizzo – e inizio a pensare che ormai conti più rimettere insieme una comunità sul territorio”.

Quel territorio che proprio a partire da oggi Maria Elena Boschi continuerà a battere palmo a palmo per cercare di convincere gli scontenti. Incontri con le coop e con il terzo settore, cena nella sede della Svp di Ora, un evento con il re degli Ottomila Reinhold Messner, un appuntamento con il sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi e una visita alle aziende agricole di Magrè e Caldaro. Un rush finale per render ancor più sicuro il collegio di Bolzano, cominciato nel giorno in cui 14 esponenti locali hanno definitivamente salutato il Pd.

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