Dunque ci siamo, stasera al teatro Ariston si aprirà il sipario del 68° Festival di Sanremo. Su queste pagine, da domani e fino a domenica mattina, potrete leggere le mie impressioni del giorno dopo sia sul migliore che sul peggior momento musicale di ogni serata. Sarà un evento denso di protagonisti ma, nonostante in questi mesi si siano affastellate conferme di nomi di conduttori e super ospiti italiani e stranieri, quello che inizia oggi sarà il Festival di Claudio Baglioni.

Cosa dobbiamo aspettarci? E che risultato avrà questo Festival? Probabilmente andrà benone, ma io sin da ora lancio una provocazione. Siccome ciò che interessa maggiormente al sottoscritto è la buona musica e la buona salute creativa di chi sa farla tramite quell’oggetto meraviglioso che è la canzone, temo si debba addirittura sperare che il Festival vada male.

Sia chiaro: non voglio certo passare per menagramo; mi spiego meglio. A mio parere (lo dissi qui quattro anni fa e non ho cambiato idea) Baglioni dal 1999 ha perso la vena creativa. Ed è una perdita mostruosa per la canzone italiana, perché l’autore di Oltre e Io sono qui è uno dei più dotati e ispirati cantautori del nostro Paese. Ora, già il Festival di Sanremo è una manna dal cielo, perché la creatività dell’artista va di pari passo con l’adrenalina e le emozioni fluttuanti dell’uomo. Sanremo in questo senso può rappresentare un battito inconsueto, per chi negli ultimi 20 anni evidentemente non aveva molto altro da chiedere alla propria musica.

Si spera che l’attimo appena precedente all’apertura del sipario – quel momento lì, quel momento preciso – rappresenti uno scossone rigenerante per chi ha molto da perdere in quanto a “reputazione artistica”; che rappresenti motivo per un’emozione finalmente umana: la benedetta paura non più ovattata, la vertigine del filo senza rete. L’auspicio dunque è che tutto questo poi si riverberi nella scrittura di un nuovo disco già annunciato, che non sia fatto solo di mestiere “baglioneggiante” come troppe canzoni del terzo millennio del cantautore romano.

Ora, proviamo a fare un passo in più. Oltre, del 1990, è uno dei dischi più riusciti di Baglioni. Per molti, il migliore in assoluto. Bene: quel disco venne fuori dopo una pesantissima delusione derivante da un’ospitata a una manifestazione di Amnesty International a Torino del 1988. Baglioni in quell’occasione fu contestato duramente dal pubblico presente, perché secondo loro – secondo questi intelligentoni – non era degno di partecipare a un evento così significativo per i diritti umani. Ci rimase male (come dargli torto?) e venne fuori il capolavoro Oltre. Anzi, di più: venne fuori il capolavoro della Trilogia dei colori con Oltre, Io sono qui (1995) e Viaggiatore sulla coda del tempo (1999).

E arriviamo al punto: anche se Sanremo andasse malissimo, potenzialmente non ci perderebbe nessuno. Il Festival è capace di rigenerarsi dalle proprie ceneri, perché ogni anno è come un rito inevitabile e fatale, tautologico, sempre uguale a se stesso; Baglioni avrebbe un sussulto definitivo per tornare a essere Baglioni.

È chiaramente un paradosso che ha diritto di cittadinanza solo abitando una provocazione, è ovvio. Ora mettiamoci comodi perché lo spettacolo sta per cominciare.

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