Come in Spagna. In caso di maxi-pareggio alle elezioni, si deve tornare al voto. Presumibilmente a giugno. Non c’è alternativa. Lo giura Silvio Berlusconi. Lo riprende Matteo Renzi. Lo ribadisce Giorgia Meloni. Lo ripete Renato Brunetta. Nessun tentativo di alleanze spurie: né governi di scopo (come ha adombrato con molte condizioni Luigi Di Maio) né governi del presidente (come ha provato a dire da sinistra Massimo D’Alema). Ma non c’è solo la differenza tra le promesse, i giuramenti e poi la realtà delle consultazioni dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dotatissimo di moral suasion. C’è di più ed è sufficiente grattare un po’ di patina dalle frasi a effetto dei leader di Forza Italia e Partito Democratico, non proprio la garanzia della coerenza. Da lontano, ognuno per sé, i segnali sono diversi.

Parteciperà – chiedono a Berlusconi ad Agorà – alla manifestazione per un “no agli inciuci” organizzata da Fratelli d’Italia? “No – risponde lui – non sono d’accordo con la parola inciucio, in Germania da settant’anni c’è una coalizione. Si deve distinguere tra patto segreto ed eventuali accordi dichiarati”. Giorgia Meloni se ne accorge e fa scrivere in un comunicato: “Rimango basita – dice – Ma è un atto di chiarezza. Gli italiani ora sanno che Forza Italia si dice disposta a un altro governo con Renzi, mentre Fratelli d’Italia no”. Per calmare le acque l’ex presidente del Consiglio si corregge con dei tweet: “In Italia in questo momento non c’è nessuna possibilità di coalizioni per noi, né con i Cinque Stelle né con il Partito Democratico“. Ignazio La Russa, dirigente dei Fratelli d’Italia, continua ad avere dei dubbi: le “resistenze” sull’adesione formale al patto “anti-inciucio” – dice – da parte di Salvini e Berlusconi stupiscono perché “io c’ero quando la Meloni l’ha proposto a Salvini e a Berlusconi a casa di Berlusconi ed entrambi hanno detto: sì, faremo questa manifestazione. Quindi, siccome l’ho sentito con le mie orecchie mi stupisco che adesso ci siano delle resistenze”.

Il giorno dopo, sempre ad Agorà, Serena Bortone fa la stessa domanda a Matteo Renzi. E il segretario del Pd ragiona: “Io la penso come Silvio Berlusconi, è giusto che se non ci sono le condizioni si torni a votare. Deciderà il presidente della Repubblica. Se non ci sono i numeri, è giusto tornare a votare, noi con gli estremisti al Governo non andremo mai”. Con gli estremisti, però. E con Berlusconi? Con Berlusconi si può fare altro. Per esempio: “L’immigrazione è un tema complicato, che non viene dai governi di sinistra. E’ esplosa dopo accordo di Dublino, firmato da Berlusconi. Cambiamolo insieme senza polemiche”. D’altra parte Berlusconi non può che riconoscere qualche nota positiva nell’azione politica di Renzi: “Ha anche lui le sue colpe, ma ha un gran merito: ha eliminato i comunisti”. E Renzi continua a indicare la linea: “Ogni voto dato al partito di D’Alema avvicina Salvini al governo – dice a Repubblica Tv – Il mio è un appello duplice, ai moderati perchè un voto a Berlusconi è un voto dato alla Lega e alla sinistra radicale perché si può votare centrosinistra anche senza votare Renzi e Pd e senza regalare un voto a chi fa vincere la Lega“.

Le larghe intese – viste col senno di prima – non sono cosa fatta. Anzi, la corsa è difficile: i sondaggi danno il Pd in crisi. Ixè per il TgLa7 registra un altro ribasso di un punto fino a stabilizzarsi su un valore del 22 per cento. Forse l’inciucio non è già apparecchiato, ma una lettura “di mezzo” la dà Pierluigi Bersani: “Chiaramente segni inequivocabili che si sono visti in questi anni e negli ultimi mesi, mi fanno ritenere che Renzi pensi più a staccare Berlusconi dalla Lega che ad allearsi con la sinistra. E farà la cosa che non va fatta: l’ammucchiata. Però non va bene. Se continuiamo ad ammucchiarsi significherà consegnare l’opposizione a forze anti-sistema“.

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