A cinque chilometri da Priverno, in provincia di Latina, c’è il parco archeologico di Privernum. Anzi ci sarebbe. Già perché, nonostante gli scavi quasi trentennali, l’area continua a non essere visitabile. Così i resti rimangono quasi sconosciuti ai più. Ed è un vero peccato perché in particolare le scoperte più recenti varrebbero bene la visita. A partire da un’opera idraulica formata da un’imponente galleria, passando alle residenze di lusso di età repubblicana e al teatro con una grande piazza porticata, fino ai resti della fase alto-medievale. Ne descrivono la bellezza diversi portali online, compreso quello del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Peccato che questo, insieme a quello dei Monti Lepini, non fornisca informazioni corrette sulla mancata fruibilità del sito.

Chiusura motivata dalla mancanza di risorse? No. Il problema principale, irrisolto, è quello della falda acquifera che, essendo superficiale, allaga di frequente diverse zone dell’area archeologica. Certo manca anche qualsiasi forma di musealizzazione, compresi i pannelli didattici. Ma considerate le condizioni nelle quali di frequente si presenta l’area, sarebbe inutile provvedervi. Intanto continuano i lavori, proseguono i sopralluoghi di tecnici di Comune, Regione e Soprintendenza. Già perché la questione si trascina da tempo. Dal 2008, al sindaco di centrodestra Umberto Macci è seguito quello di centrosinistra Angelo Delogu, quindi il commissario prefettizio Andrea Polichetti e dal giugno 2016 il sindaco di centro sinistra, Anna Maria Bilancia. Nessuno è stato in grado di provvedere all’apertura del parco, se non in maniera episodica. Se fino a qualche mese fa si facevano previsioni sulla data di apertura, da febbraio si è anche smesso di promettere, prevedere.

“Nonostante il trentennale fallimento della gestione tecnico-scientifica di tutta questa partita, costata milioni di euro, nonostante i ritardi e gli errori (in quella zona la falda è affiorante e andava da subito approntato un sistema di pompe sommerse, invece di perdere tempo e denaro con il Fognone), finora non si è apportato il minimo cambiamento”, ha commentato lo scorso dicembre, dopo l’ennesimo allagamento di gran parte delle strutture, Federico D’Arcangeli, che da anni segue le vicende degli scavi.

Così l’area archeologica continua ad essere un acquitrino, che ha generato diversi contenziosi, alcuni ancora irrisolti, tra il Comune e le ditte appaltatrici. Eppure finora è stata spesa almeno la somma di circa 3,7 milioni di euro. Di un’area archeologica di Privernum si inizia a parlare già in una delibera di giunta nel 1984, ma è soltanto nel 1991 che la Giunta regionale, all’interno del Piano Regionale di sviluppo, delibera di concedere a Priverno un finanziamento di 6 miliardi e 336 milioni di lire. Bisogna attendere il 1996 perché Comune e Regione stipulino una convenzione per la realizzazione del Parco archeologico di Priverno. A questo punto storia finita? Tutt’altro. Nel 2005 il Cipe stanzia ulteriori 450mila euro, somma alla quale il Comune aggiunge 50mila euro.

Sarebbero potuti bastare per musealizzare a dovere l’area archeologica. A renderla finalmente fruibile. Invece solo una serie infinita di promesse di apertura. Come quelle del sindaco Angelo Delogu che ad aprile 2014 dichiarava: “Lo avevamo promesso più volte in campagna elettorale e lo abbiamo fatto. Ad un anno dalla nostra elezione saremo in grado di restituire alla collettività l’Area archeologica di Mezzagosto. Si tratta di un risultato che va al di là di ogni più rosea aspettativa, date le condizioni di partenza”. Finora invece ci sono solo tante risorse gettate al vento. Anzi nell’acqua.

Foto di Lucia Stirpe

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