Come per le concessioni autostradali, anche per quelle portuali il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti vuole campo libero, senza ingerenze da parte di qualsivoglia autorità indipendente, tanto meno nel pieno di una campagna elettorale faticosissima. La differenza con le autostrade è che, in questo caso, a supporto di tale volontà il quadro normativo non è neppure supportato dallo statuto dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti, istituita nel 2011 e attiva dal 2013, né da un decreto legge come quello che, sempre nel 2011, riservò al Mit la disciplina delle tariffe autostradali sottraendola esplicitamente all’ART.

Anzi, non solo il Mit non ha mai emanato il regolamento che la legge portuale del 1994 gli affidava e che Delrio ha a più riprese promesso. Ma è stata proprio la riforma portuale della suddetta legge, varata da Delrio nell’autunno 2016 e recentemente ritoccata, a specificare che le Autorità Portuali (gli enti pubblici di nomina ministeriale incaricati di amministrare il demanio marittimo) devono esercitare le proprie competenze in materia di concessioni e autorizzazioni alle imprese portuali “nel rispetto delle deliberazioni della Autorità di regolazione dei trasporti” oltre che dei “decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti”.

Una previsione, però, che il capo di gabinetto di Delrio Mauro Bonaretti ha deciso oggi di ‘interpretare’ restrittivamente. In una lettera appena inviata al presidente dell’Authority Andrea Camanzi (letta da ilfattoquotidiano.it), Bonaretti prova sostanzialmente a sostenere in punta di diritto che ART abbia travalicato le proprie competenze, dovendosi occupare solo di cose di cui non si interessi già il Ministero: “Riconoscere all’Art competenze per quanto concerne la regolamentazione dei criteri e delle modalità di rilascio delle autorizzazioni e delle concessioni comporta una estensione dei poteri dell’Autorità, con una sovrapposizione rispetto alle funzioni ed alle attribuzioni ex lege assegnate al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti quale Amministrazione attiva”.

Ragion per cui, termina perentoriamente Bonaretti, “si ritiene che la regolamentazione dei criteri e delle modalità di rilascio delle autorizzazioni e delle concessioni debba essere esercitata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”.

Esattamente l’intervento che pochi giorni fa hanno chiesto a Delrio le associazioni delle imprese terminalistiche (Assiterminal, Assologistica, Fise-Uniport), affiancate anche da altri (spedizionieri e operatori logistici aderenti alla confederazione Confetra e le compagnie portuali riunite in Ancip). A muoverle l’iniziativa di ART, che poche settimane fa ha pubblicato, per sottoporlo a consultazione pubblica, lo schema di atto di regolazione recante “Metodologie e criteri per garantire l’accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture portuali. Prime misure di regolazione”. Con l’obiettivo di arrivare in pochi mesi a definire un quadro regolatorio chiaro e univoco in una materia spinosa e oggetto continuo di contenzioso.

L’impressione, al di là del condivisibile timore per la possibile complicazione che un’ulteriore fonte normativa potrebbe apportare ad un contesto quanto mai ingarbugliato, è che la modifica dello status quo, magari in direzione di trasparenza e gare a stretta evidenza pubblica, non esalti un settore abituato a muoversi nelle paludate regole dettate dal Codice della Navigazione del 1942.

Da qui la richiesta esplicita a Delrio degli stakeholder, forti della pubblica professione di sostegno all’attivismo ministeriale sulla portualità manifestata negli ultimi mesi, tanto più preziosa in vista delle urne. Così preziosa da indurre il ministro emiliano ad ‘intimare’ ad un garante indipendente, seppur in una cornice di dialogo istituzionale e dialettica giuridica, di non metter il becco nella materia. Secca, però, la replica di Art: “Non vi è nessuna intimazione, né potrebbe esservi, perché l’Autorità di Regolazione dei Trasporti è indipendente e proseguirà le proprie azioni e attività, tra cui quelle finalizzate a garantire l’accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture portuali, nel rispetto della legge”.

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