Quando fu rinviata a giudizio il 21 ottobre del 2015 si dimise dal suo incarico nel governo Renzi, promettendo che dall’inchiesta sulle spese dei gruppi del consiglio regionale sardo sarebbe uscita a testa alta. Oggi l’ex sottosegretaria alla Cultura, Francesca Barracciu (Pd), è stata condannata a 4 anni per peculato aggravato nell’ambito dello scandalo sui fondi destinati ai gruppi del Consiglio regionale della Sardegna e spesi per fini non istituzionali. La sentenza è stata pronunciata dalla seconda sezione del Tribunale di Cagliari dopo circa un’ora e mezzo di camera di consiglio. Il pubblico ministero Marco Cocco aveva sollecitato per l’imputata 5 anni di carcere.

Per Barracciu è stata disposta anche la sospensione dai pubblici uffici per lo stesso periodo. L’esponente del Pd, segretario regionale, era presente in aula quando il presidente della seconda sezione del Tribunale di Cagliari, Massimo Poddighe, ha letto la sentenza. L’avvocato Franco Luigi Satta ha subito annunciato ricorso in appello, quando si potranno leggere le motivazioni del verdetto tra novanta giorni. “Dall’accusa non ho sentito una parola in diritto – ha detto il legale – questo è quello che accade a fare le cavie. Ora faremo appello“. La sentenza riconosce l’ex consigliera regionale responsabile del reato di peculato aggravato ma limitatamente ai fatti contestati dopo il novembre 2004, perché gli altri sono estinti per prescrizione. L’ex sottosegretario ci crede ancora nell’assoluzione: “Questo è il primo tempo di una partita che ne ha tre. La strategia scientifica utilizzata dai miei difensori credo che varrà in seguito – ha sottolineato – Sono trascorsi quattro anni molto duri. Ho rinunciato, unica in Sardegna, alle cariche che rivestivo quando sono stata raggiunta dall’accusa di peculato. “Sono stata travolta politicamente in solitudine – ha ammesso – questa cosa mi ha rafforzato molto e questa vicenda penso mi abbia anche fatto diventare una persona migliore. Con questa forza affronterò il secondo grado, certamente ora un pò scossa. E non lo nascondo”. A chi le chiedeva se ritiene la sua condanna una sentenza politica, Francesca Barracciu ha risposto: “No non lo è, non sono complottista e non lo sono mai stata. L’avermi messa ad affrontare in solitudine questo processo rispetto agli altri trenta miei colleghi credo che abbia dei profili di dubitabilità importanti. Non penso a un complotto, ma voglio ricordare a tutti voi che mi sono addormentata il 30 settembre 2013 alle due del mattino come candidata alla presidenza della Regione e alle 8 del mattino dell’1 ottobre avevo l’avviso di garanzia in casa. E non ho null’altro da aggiungere“.

La Procura contesta spese per circa 81mila euro: soldi pubblici utilizzati, secondo l’accusa, per scopi diversi da quelli istituzionali per i quali erano destinati. I fatti risalgono a due legislature durante le quali la Barracciu sedeva in consiglio regionale: quella tra il 2004 e il 2009 e una parte della successiva. Per la difesa invece la Barracciu aveva speso quei soldi, in viaggi per motivi politici, soprattutto in pieni di benzina utilizzati con la sua auto. Per la procura c’erano delle incongruenze nel confronto tra gli spostamenti geografici indicati e i movimenti della carta di credito della Barracciu. Non solo, la società Evolvere Srl, che faceva capo al compagno dell’ex europarlamentare, Mario Luigi Argentero, avrebbe organizzato alcuni seminari compensati con 3600 euro.

L’avviso di garanzia aveva di fatto bloccato la corsa di Barracciu alle elezioni regionali del 2014. A fine settembre 2013 la sottosegretaria aveva vinto le primarie del centrosinistra in Sardegna, ma l’indagine in corso aveva fatto sì che in una tesissima direzione Pd si decidesse per il suo sacrificio. L’inchiesta era divisa in due filoni ed è partita dalla testimonianza di una ex funzionaria, Ornella Piredda.Secondo la ricostruzione i soldi per i fondi ai gruppi consiliari erano distribuiti con un “metodo paghetta“, circa 2500 euro al mese, e utilizzati per le spese più disparate. In alcuni casi personali: dai viaggi alle penne Montblanc, agli “spuntini” con le pecore alle bollette e ai sensori per le auto di famiglia. Prima della rinuncia forzata alla candidatura alla carica di presidente della Regione, Barracciu aveva ribadito pubblicamente la sua difesa in una conferenza stampa. Così aveva detto: “I fondi sono stati utilizzati per il rimborso chilometrico, secondo quanto previsto dalla tabella pubblicata sulla Gazzetta ufficiale in cui viene presa in considerazione non solo la spesa per carburante, ma anche l’usura del veicolo. Ho consegnato al magistrato una memoria in cui vengono elencate tutte le iniziative a cui ho partecipato”. Il suo era un mezzo privato – una Peugeot 407, cilindrata 2000 “che ho fuso”, aveva ulteriormente precisato. In quell’occasione aveva già risposto al primo interrogatorio del pm ed erano state citate le tabelle Aci di riferimento sul consumo di carburante.

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