Chi si occuperà del mio profilo Facebook post mortem? Facebook ci ha già pensato e ha creato una pagina ad hoc con tanto di disegno promozionale, se così di può dire, un cimitero di lapidi, in mezzo l’icona con pollice all’insù di apprezzamento ( oh, yes I like). Smanettavo sul Instagram e sull’app “invita gli amici di Fb a seguirti” sono spuntati quattro nomi di amici (su di loro la pace), Fabrina, Linda, Riccardo e Mario. Solo la pagina di Mario era stata trasformata dagli eredi in un Memorial dove si invita a lasciare un ricordo del caro estinto. Di Fabrina, Linda e Riccardo ci sono ancora le loro foto sorridenti, come se da un momento all’altro potessero postare dall’aldilà. Ne parlavo con il mio amico notaio Sergio Cappelli e l’ha buttata lì: “Si arriverà al paradosso che nelle ultime volontà insieme al tesoretto si lascerà anche la password d’accesso per potere rimuovere il profilo”.

Ha affrontato la questione a colpi d’ala d’ironia Achille Mauri nel suo primo romanzo “Anime e acciughe” (Bollati Boringhieri), una fantasmagoria dell’”altra” dimensione dove Achille fa dire alla buon’anima identificata come Lucrezia: “Nell’aldiqua c’è più futuro di quanto noi possiamo immaginare”. E la cosa è confortante, o no? Siamo leggeri come anime, guizzanti come acciughe. Nell’aldilà a kilometro zero (o nell’aldiquà) non ci si ferma mai. Achille immagina un consultorio di anime, una sorta di Asl. Frammenti di dialogo sospesi: “Ci dormirei in mezzo alle parole di Achille, tra una parola e l’altra stenderei un’amaca per dondolarmi”, dice un’altra anima di transito.

Essere amici di Achille è un dono, come quello di essere invitati alla festa dove ha celebrato con la moglie 50 anni d’amore, un via vai di gente, squisitezze mangerecce e note di pianoforte mentre effetti speciali al led illuminavano la facciata del palazzo storico. Achille, editore caleidoscopico, è un conoscitore della “grande bellezza”, la colleziona sottoforma di arte contemporanea e installazioni (un Boetti lo tiene appeso in bagno) e la coltiva. E anche nella morte ha trovato una sua bellezza. Quando fa dire all’anima di Marco: “E’ da rivedere la nozione di tempo. Adesso ne abbiamo tantissimo a disposizione, perfino troppo. Si deve imparare a oziare, a non pensare troppo, a gustare ogni dettaglio…”. Perché l’eternità è fatta per avere tempo, tutto il tempo necessario per godersi le piccole e grandi cose della vita. La mancanza di tempo fa sì che se ne sacrifichino tantissime, si vive tutto di fretta. Invece nell’aldilà (o meglio nell’aldiquà perché sono le anime che ce lo mandano a dire) si è finalmente liberi dalla schiavitù della condizione sociale, del sesso, della seta di potere. Che leggerezza, ragazzi.

Achille si rifà al cardinale Martini e alla sua visione dell’aldilà: “ Il cardinale rispose che come prima cosa sarebbe andato a trovare Mozart e Bach. Anche io ho la mia lista di persone da andare a fare visita”. Da Umberto Eco a Elio Fiorucci. Avete presente quando si dice di qualcuno che si è svegliato morto? Beh, è esattamente quello che succede ad Achille. Ecco il surreale incipit del romanzo: un bel giorno si sveglia e a dargli il buongiorno trova addirittura il Maresciallo Radetzky, ex inquilino della casa del Mauri ai tempi dell’occupazione austriaca. Un po’ sorpreso di trovare un estraneo in camera sua, Achille scopre di essere morto e con tutta tranquillità si affida alla buonanima per capire come comportarsi. La prima domanda è come fare per uscire da quel corpo che ormai non gli appartiene più…Assolutamente un libro che fa “smart” regalarlo a Natale.

twitter @januariapiromal

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