“Diciamo che è un periodo che butta un po’ male a noi giornalisti”. Prova a scherzarci su Luca Lunedì, giornalista di RTV 38, emittente televisiva toscana, che il 26 novembre è stato colpito da un ultras del Pisa durante il derby tra la città della Torre e il Livorno. “Mi ha dato un pugno perché avevo una telecamera in mano, anche se spenta“. Se l’è cavata con un labbro rotto e un livido in faccia, come testimoniano le foto pubblicate sul suo profilo Facebook. Ma niente vittimismi: “Il mio si tratta di un episodio minore – dice al fattoquotidiano.it  – Voglio solo denunciare il rischio che si corre a frequentare certi ambienti”. Lunedì ha sporto denuncia contro ignoti, le forze dell’ordine visioneranno le telecamere di videosorveglianza per cercare di rintracciare il colpevole, anche grazie alle descrizioni fornite dal giornalista.

La giornata del giornalista comincia alle 11 all’esterno dell’Arena Garibaldi. Un collegamento in diretta all’una e trenta per raccontare il clima prepartita di quello che, da sempre, non è un semplice incontro di calcio. “Non mi occupo di sport, volevamo raccontare l’ambiente attorno la sfida, visto la rivalità e soprattutto la protesta condivisa da entrambe le tifoserie”. Alcuni gruppi organizzati, infatti, non sono entrati allo stadio per contestare la decisione del prefetto, che non ha concesso una deroga alla capienza dello stadio, limitata per i problemi a livello strutturale dello stadio. Nel piazzale fuori dallo stadio, verso le 12 cominciano ad arrivare i supporter pisani che cominciano la loro protesta. “I gruppi organizzato hanno deciso di disertare la partita e presidiare l’ingresso” racconta il cronista. Poco prima del fischio d’inizio, il presidente del Pisa Giuseppe Corrado chiede un passo indietro ai tifosi, invitandoli ad entrare. I supporter però restano fermi sulle loro posizioni, così quasi trecento persone restano in via Rindi, il viale davanti lo stadio.

Il gol, poi l’aggressione – Nel frattempo, Lunedì continua a fare il suo lavoro: “Sono entrato per riprendere il calcio d’inizio e fare qualche ripresa degli spalti, poi sono tornato fuori”. Dopo tutte le immagini di copertura necessarie, il cronista si concede una sigaretta ai cancelli dell’arena. La partita, intanto, è arrivata al 31′ del primo tempo: De Vitis verticalizza per Masucci, l’attaccante serve Eusepi che segna a porta vuota: 1-0. Il boato dello stadio scatena i tifosi, che festeggiano in strada. “Hanno cominciato a festeggiare e hanno acceso dei fumogeni. Ho acceso la telecamera, volevo riprendere i festeggiamenti”. Lunedì spegne quasi subito la videocamera, sa che i tifosi non vogliono essere ripresi. Il capoultras del gruppo organizzato si arrampica sul cancello d’ingresso dello stadio e comincia a incitare il resto dei tifosi, che si avvicinano ai cancelli. Lunedì rimane fermo per assistere alla scena: “Mi sono ritrovato in mezzo alla folla e sono rimasto lì. Tenevo la telecamera in mano, avevo paura che potesse cadere. Sono rimasto per capire meglio i motivi della protesta, stavo leggendo il loro comunicato che hanno distribuito all’ingresso”. A quel punto però, un tifoso si accorge della telecamera. “Si è avvicinato e ha cominciato a spingermi. ‘I soliti giornalisti di merda, devi andare via’. Ho provato a spiegare che la telecamera era spenta e che non stavo riprendendo, ma lui continuava a insultarmi. Un altro tifoso, più ragionevole del primo, si è avvicinato e in maniera tranquilla mi ha detto che era meglio se me ne tornavo a casa. Mentre cerco di spiegarmi, il primo tifoso mi prende per le spalle, mi gira e mi dà un pugno in faccia”. Nello spiazzo fuori dallo stadio erano presenti anche un nutrito gruppo di forze dell’ordine, ma nessuno è potuto intervenire: “Non potevano vedere, ero in mezzo a tutti i tifosi e subito dopo il colpo sono tornato a casa”. Il giornalista andrà all’ospedale soltanto il giorno successivo: “È una sciocchezza, due giorni di prognosi, ma il referto mi serviva per allegarlo alla denuncia contro ignoti che ho depositato nel pomeriggio”.

“Bello se la professione fosse tutelata di più” – Dopo il post su Facebook, tanti i messaggi di solidarietà ricevuti dal giornalista: “Sono rimasto sorpreso, mi hanno scritto anche membri dell’Ordine nazionale dei giornalisti. L’amministrazione non si è espressa pubblicamente ma membri della giunta comunale, sia di maggioranza che di minoranza, mi hanno inviato dei messaggi per esprimermi la loro vicinanza. Anche se alcuni tifosi hanno detto che me la sono cercata”. Tra tutti i messaggi di solidarietà manca ancora quello della società: “Non so se abbia voglia di esprimersi, anche perché non so che tipo di legami possano esserci tra quel gruppo organizzato e la società stessa”. Anzi, non il gruppo di tifosi ma con l’aggressore in particolare: “Non voglio incolpare tutti i tifosi, la responsabilità penale è soltanto dell’uomo che mi ha aggredito”. L’obiettivo del post, però, era quello di denunciare il clima pesante in cui devono operare i giornalisti: “Mi sono occupato di sport in via del tutto eccezionale, ma i miei colleghi rischiano ogni domenica di ricevere il trattamento che ho ricevuto io. Ma penso soprattutto a quei giornalisti che lavorano in altri settori e in zone sensibili e che rischiano la vita seriamente. La risposta della società civile dopo i fatti di Ostia è stata importante, sarebbe bello che qualcosa si muovesse per tutelare maggiormente la nostra professione“.

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