Si muove come un serpente, ma è un asteroide il “visitatore interstellare” come è stato ribattezzato l’oggetto celeste che ha il nome scientifico di A/2017 U1.  Certamente arriva da un’altra stella, di un angolo lontano della Via Lattea, questo misterioso intruso che sta visitando il Sistema solare come indicano le osservazioni dei telescopi che sono stati puntati sul corpo celeste subito dopo la sua scoperta lo scorso 28 ottobre. Di A/2017 però c’è anche una fotografia.

L’oggetto celeste sembra provenire dalla costellazione della Lira e sarebbe arrivato dopo aver attraversato lo spazio interstellare alla velocità di 25 chilometri al secondo. A rendere l’intruso interessante è il fatto di essere il primo corpo celeste che arriva dallo spazio interstellare mai osservato nella Via Lattea. Per l’astrofisico Gianluca Masi, responsabile del Virtual Telescope, “la sua scoperta è paragonabile a quella del primo pianeta esterno al Sistema Solare, perché è un corpo celeste appartenuto a un altro luogo della nostra galassia”. A/2017 U1 si trova tra la Terra e Marte e potrebbe essere il mattone di un pianeta espulso durante la fase di formazione di un sistema planetario. Viaggia alla velocità di 44 chilometri al secondo, su una rotta che lo farà uscire dal Sistema Solare, spingendolo verso la costellazione di Pegaso. Questo frammento sarebbe “rimasto a vagare nello spazio interstellare, fino a quando non ha incontrato il Sistema Solare”, ha detto Giovanni Valsecchi, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). Oppure, ha aggiunto, “potrebbe essere un frammento espulso dal nostro sistema planetario, che adesso è stato riacciuffato dal Sole”.

Scoperto il 19 ottobre dal progetto di esplorazione del cielo PanSTARRS, dell’università delle Hawaii, l’intruso è tenuto d’occhio dai più grandi telescopi del mondo, compreso il Vlt (Very Large Telescope) dell’Osservatorio Europeo Meridionale (Eso). La prossima sfida sarà comprendere di quali minerali è fatto questo intruso, per “vedere se sono simili a quelli degli asteroidi del Sistema Solare”, ha rilevato Valsecchi. Se si riuscisse a studiare in dettaglio, ha aggiunto, “potrebbe fornire anche indicazioni sul processo di formazione del sistema planetario in cui è nato”. A scoprirlo è stato l’astronomo Rob Weryk (IfA)

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