Ambiguità, omissioni. Necessità di ricostruire rapporti e reti di relazioni per conoscere la verità sulla scomparsa di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso in Egitto nel febbraio del 2016. Tutti elementi che potrebbero essere chiariti dalla professoressa Maha Mahfouz Abdelrahman, sua tutor a Cambridge. Il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, e il sostituto Sergio Colaiocco lo scorso 9 ottobre hanno trasmesso all’autorità giudiziaria del Regno Unito un ordine di rogatoria in cui si chiede l’interrogatorio formale della docente, oltre che l’acquisizione dei suoi tabulati telefonici, mobili e fissi, utilizzati tra il gennaio 2015 e il 28 febbraio 2016.

A riportare la notizia è Repubblica, in un articolo titolato Le bugie di Cambridge, in cui parla di evidenze istruttorie acquisite nell’inchiesta sull’ambiguità e le omissioni della donna e sulle inquietudini di Giulio espresse in due conversazioni via Skype con la madre Paola. Abdelrahman , nel giorno dei funerali di Regeni a Fiumicello, si era rifiutata di consegnare alle autorità pc e cellulare, a differenza di quanto avevano fatto gli amici del ricercatore. Nei device, infatti, gli inquirenti avrebbero potuto rilevare evidenze investigative. Un atteggiamento controverso il suo, al quale si aggiungono le parole di oggi di un portavoce dell’ateneo britannico, che all’Ansa ha dichiarato che la docente “ha ripetutamente espresso la sua volontà di collaborare appieno con i procuratori italiani”. Poi ha sottolineato che Cambridge non intende “rispondere a insinuazioni sensazionalistiche e di nessun aiuto”, aggiunge che l’ateneo non ha “ancora ricevuto una richiesta formale per la testimonianza” della docente e “confida di riceverne una il più velocemente possibile, come abbiamo ripetutamente sollecitato”. Nel frattempo, insiste, “sarebbe del tutto inappropriato, e in violazione delle regole processuali, se la dottoressa Abdelrahman parlasse con i media prima di aver reso la sua testimonianza alle autorità italiane”.

Con l’interrogatorio alla docente la procura di Roma intende fare chiarezza su cinque aspetti: chi ha scelto il tema specifico della ricerca di Giulio, chi ha scelto la tutor che in Egitto l’avrebbe seguito, chi ha scelto e con quale modalità di studio la “ricerca partecipata”, chi ha definito le domande da porre agli ambulanti intervistati dal ricercatore e se Regeni abbia consegnato alla professoressa Abdel Rahman l’esito della sua ricerca durante un incontro al Cairo il 7 gennaio del 2016. Sul caso interviene anche il segretario del Pd Matteo Renzi, che sui social: “Noi vogliamo con forza la verità su Giulio Regeni. La verità, solo quella. Per questo chiediamo da mesi chiarezza anche all’Università di Cambridge, come oggi fa il quotidiano La Repubblica. Il team che seguiva Giulio sta nascondendo qualcosa?”.


Ad aprile 2016, a seguito della mancata collaborazione delle autorità egiziane con la procura italiana, Gentiloni aveva richiamato l’ambasciatore al Cairo Maurizio Massari. Decisione poi revocata ad agosto 2017, dopo l’invio di nuovi atti da parte dell’Egitto e giudicata “una resa” da parte dei genitori del ricercatore. All’indomani dell’invio di un nuovo rappresentante diplomatico, era arrivato lo scoop del New York Times. Secondo il quotidiano statunitense “informazioni di intelligence esplosive dall’Egitto sul fatto che funzionari della sicurezza egiziana avevano rapito, torturato e ucciso il ricercatore italiano” furono girate dallo staff di Obama all’esecutivo di Roma. Ma il governo Gentiloni aveva smentito quando pubblicato dal giornale americano.

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