Iperteso milanese rilassati, se non l’elettrocardiogramma potrai sempre fare una mammografia, o una radiografia alla caviglia. Ieri sera a mezzanotte si è chiusa la finestra per i medici lombardi che hanno dovuto decidere se aderire o meno alla presa in carico dei cronici secondo il nuovo sistema di regole socio-assistenziali introdotte da Regione Lombardia, regole che presto potranno replicarsi in tutta Italia. Prevedono che 3 milioni di malati siano affidati alle mani di un tutor o “gestore” (privato o pubblico) che si occuperà di prescrivere e prenotare presso “erogatori” ospedalieri (pubblici, privati, convenzionati) gli esami e l’assistenza che reputano necessari secondo i criteri sanciti in un’apposita delibera dalla stessa Regione. Delibera sulla quale – proprio  a ridosso del fatidico voto dei medici – piove un’accusa pesante: il set di esami e prescrizioni identificato dalla regione ne contemplerebbe di assolutamente inutili per la patologia da trattare, mentre lascerebbe fuori alcuni assolutamente necessari, “che il paziente dovrà pagare di tasca propria”. A sostenerlo è Medicina democratica per bocca di Vittorio Agnoletto, che vede nella riforma il colpo di grazia al sistema sanitario pubblico in favore di quello privato, sempre sulla pelle dei pazienti. E dunque “da fermare assolutamente”.

Va detto che non sono i soli ad aver manifestato apertamente contrarietà alla riforma: a luglio l’Ordine dei medici di Milano e la Società italiana dell’Ipertensione (Siia) avevano condiviso un documento molto duro in ordine ai budget forfettari calcolati dalla Regione per ogni patologia al cui rispetto si vincola il livello di qualità delle cure. E che la questione è entrata nella contesa per il rinnovo dei vertici dell’Ordine provinciale dei medici, con il presidente uscente Carlo Alberto Rossi schierato contro la riforma sfidato da medici favorevoli cui l’assessore Giulio Gallera, padrino della riforma, strizza l’occhio, auspicando l’avvento di “interlocutori costruttivi e non ideologicizzati che contribuiscano al miglioramento dell’assistenza”.

Ebbene l’ultima stilettata va dritta al cuore della riforma, mettendo in discussione la serità dalla delibera con la quale Regione Lombardia ha concretamente definito i set di riferimento per la presa in carico di 65 patologie, ovvero le prestazioni che il gestore può prescrivere per il paziente divise in tre classi, ciascuna con esami e visite che possono essere chieste al “gestore”. “Lo hanno fatto – accusa Agnoletto – non in base alle Linee guida, alle indicazioni delle società scientifiche o all’efficiente sistema Cochrane, ma alle prestazioni erogate nel 2016 almeno al 5% dei soggetti appartenenti a una patologia. In pratica hanno applicato un metodo statistico-induttivo da ragionieri che consegna risultati paradossali”. Ed ecco gli esempi.

“Sull’ipertensione che è la patologia cronica più diffusa si vede che sono stati ricompresi esami totalmente inutili come la mammografia o la radiografia dell’anca, ma non un Ecg Holter, per il quale dovrà invece pagare: su 28 classi di prestazioni indicate dalla Regione per gli ipertesi, solo 6 sono quelle raccomandate dalle linee guida. Vale per gli ipertesi, che è la categoria di cronici più rappresentativa, ma la situazione è analoga anche per le altre patologie. Ci sono esami essenziali che il paziente non potrà avere dal suo gestore, non potrà più chiedere al medico di base, e per i quali dovrà pagare. E’ una follia. Mi domando anche perché i direttori sanitari non facciano sentire la loro voce su queste criticità, tanto più che, se l’obiettivo era razionalizzare la spesa sanitaria, si va nella direzione opposta”.

La replica dell’assessore Giulio Gallera: “Nella riforma – dice al fattoquotidiano.it – non c’è affatto scritto che se una prestazione o un esame non sono previsti tra quelli indicati per la patologia cronica il medico non potrà prescriverli se necessari a valere sul servizio sanitario. La differenza è che il medico dovrà specificare le ragioni per le quali vengono fatti mentre oggi è invalsa la pratica di prescrivere di tutto, anche cose inutili, su pressione dei pazienti o per rassegnazione dei medici. Così la spesa pubblica si gonfia ma soprattutto si produce una distorsione dei dati relativi agli effettivi bisogni di cura della popolazione, con l’effetto di navigare a vista. A garanzia del fatto che saranno erogate le migliori cure abbiamo messo quel Piano assistenziale individuale che sarà personalizzato sulla base di set di riferimento che sono frutto di un’analisi storica dei bisogni dei cronici”.

E puntuale arriva la controreplica: “Attenzione – dice Agnoletto – quel che dice l’assessore non è  scritto nelle delibere. Se le cose stanno così Gallera torni negli uffici e lo faccia mettere nero su bianco. Perché se è vero che un medico gestore può fare gli esami che ritiene non si capisce perché abbiano creato questi elenchi di esami. La novità, e questo dice la legge, è che il gestore può chiedere esclusivamente esami relativi alle patologie croniche e solo quelli previsti e appositamente specificati per ciascuna. Se al contrario potesse davvero prescrivere anche quel che resta fuori allora tutta la ratio della riforma decadrebbe perché si tornerebbe al medico di tutto, mentre il gestore è il medico solo delle malattie croniche. E’ per quello che sono stati individuati i set, non esiste che il medico gestore possa chiedere e prescrivere tutto. Salterebbe lo schema della delibera, il presupposto stesso della riforma del contenimento della spesa”.

Articolo Precedente

Marianna Manduca, governo risarcirà figli della donna uccisa dal marito dopo averlo denunciato 12 volte. Ma resta il ricorso

next
Articolo Successivo

Essere genitori e figli oltre il legame biologico: un convegno a Milano

next