L’ospedale “Sant’Anna e San Sebastiano” di Caserta è stata una delle pochissime aziende ospedaliere sciolte per infiltrazioni camorristiche. Lo decise nel 2015 il consiglio dei ministri su proposta del ministro Angelino Alfano e sulla base delle carte dell’inchiesta ‘Croce Nera’ coordinata dalla Dda di Napoli, 24 arresti nel gennaio 2015 per associazione a delinquere di stampo mafioso e reati contro la pubblica amministrazione.

Le indagini della Dia agli ordini del capocentro di Napoli Giuseppe Linares svelarono un controllo sistematico del clan dei Casalesi di Michele Zagaria sulle attività dell’ospedale. Un parente del boss, Francuccio Zagaria (poi deceduto), aveva persino un ufficio. Senza averne alcun titolo. Due anni dopo, rieccoci qui a fare la conta degli arresti. Sono 8 i provvedimenti firmati dal gip di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) Federica Villano, di cui 7 ai domiciliari. Altre 16 persone risultano indagate. Finisce in carcere con accuse di corruzione e falso Carmine Iovine, cugino del boss pentito Antonio Iovine. È stato direttore sanitario e poi direttore medico di presidio dell’ospedale e successivamente dell’Unità Operativa Complessa Programmazione e Pianificazione Sanitaria. Un dirigente di punta della sanità pubblica.

Secondo il gip, Iovine era il leader di un meccanismo composto da dirigenti e funzionari della direzione sanitaria e da diversi imprenditori napoletani e casertani, titolari di importanti aziende nel settore dei servizi sanitari ed ospedalieri, per truccare l’affidamento e la gestione degli appalti. Ed in particolare quelli di pulizia e sanificazione del complesso. Le indagini della Dia, non a caso denominate ‘Croce Nera 2’ perché in prosieguo a quelle disvelate negli anni scorsi, avrebbero permesso di accertare la manipolazione di diverse gare d’appalto negli anni dal 2013 al 2015 per decine di milioni di euro, a fronte di tangenti – denaro o favori – e di numerosi falsi in atti pubblici che avevano lo scopo di omettere il controllo sul corretto svolgimento dei servizi affidati. Senza “il benché minimo interesse per la tutela della salute de pazienti e la tutela degli interessi dell’ospedale di Caserta”, scrive il Gip che poi riserva parole durissime per Iovine: “Le concrete modalità delle condotte poste in essere e i complessivi esiti del monitoraggio ambientale delineano una personalità assolutamente allarmante, spregiudicata e incline al crimine; questi, peraltro, faceva evidente mercimonio di posti di lavoro sia presso l’ospedale che presso le stesse ditte affidatarie dei servizi, secondo una logica clientelare… “.

L’inchiesta della procura sammaritana è una costola di un fascicolo nato alla Dda di Napoli – pm Annamaria Lucchetta, procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli – e poi trasferito a Santa Maria Capua Vetere dopo aver ritenuto non sussistente l’aggravante camorristica. Carmine Iovine, infatti, secondo gli inquirenti agiva per esclusivo interesse personale e non per quello del clan.

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