Nel mirino della Direzione distrettuale antimafia è finito anche l’assessore regionale alle Attività produttive Carmen Barbalace. Il suo nome compare nell’elenco dei 291 indagati dell’inchiesta Mandamento Jonico che ieri ha portato all’arresto di 116 persone ritenute esponenti delle principali cosche mafiose della Locride. Oltre ai numerosi episodi di infiltrazione della ‘ndrangheta negli appalti, un ampio capitolo del decreto di fermo è dedicato al business delle truffe nel settore della pastorizia e dell’agricoltura.
Assessore tecnico della giunta di Mario Oliverio (Pd), la Barbalace è finita nel registro degli indagati con l’accusa di abuso d’ufficio, truffa aggravata e truffa aggravata per il conseguimento delle erogazioni pubbliche.
I fatti si riferiscono al 2010-2012 quando l’assessore, all’epoca semplice dipendente della Regione Calabria, era competente della commissione di riesame che doveva valutare le istanze prodotte dagli imprenditori agricoli esclusi dalla graduatoria del bando per i fondi Psr. Tutte pratiche che dovevano passare il vaglio dell’assessore Barbalace e dei suoi colleghi e dipendenti della Regione Calabria Giuseppe Zimbalatti, Francesco Chiellino, Giovanni Aramini e Salvatore Spinelli, anche loro indagati per lo stesso reato.
In sostanza, assieme agli altri due componenti della commissione (Aramini e Spinelli), la Barbalace avrebbe favorito l’indebita erogazione dei fondi comunitari da parte dell’imprenditore Giuseppe Scaramozzino. Pure lui è indagato dalla Procura di Reggio, poiché attraverso “artifici e raggiri” avrebbe dichiarato di possedere requisiti, in realtà inesistenti, che gli hanno consentito di partecipare al bando e ottenere un finanziamento di 55mila euro. Secondo i pm, l’assessore Barbalace, nell’esaminare l’istanza di riesame di Scaramozzino, ha svolto la sua funzione “senza rilevare le violazioni procedurali e senza verificare che la pratica fosse espletata secondo legge”.