Continua per il momento la sua attività di cardiologo all’ospedale trevigiano di Castelfranco Veneto, Roberto Gava, medico sub iudice dopo il provvedimento dell’Ordine dei medici di Treviso, che lo scorso 21 aprile ne ha sancito la radiazione dall’albo. Laureato in Medicina e chirurgia all’Università di Padova, specializzato in Cardiologia, Farmacologia clinica e Tossicologia medica, Roberto Gava (blogger de Ilfattoquotidiano.it) è anche studioso di Agopuntura cinese e Omeopatia classica, Bioetica e Ipnosi medica. Molto attivo sui social, è autore di libri e articoli. Tema predominante i vaccini. In passato, insieme ad alcuni colleghi è stato, ad esempio, promotore di una lettera aperta al presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), cui chiedeva di “superare in Italia l’obbligo vaccinale”. Di vaccini, alla fine del 2015, era anche stato chiamato a parlare alla Camera, in commissione Affari sociali. E proprio le posizioni spesso critiche di Gava sulla vaccinazione, stando a quanto è trapelato sulla stampa nei giorni scorsi, potrebbero essere alla base della sua radiazione. In attesa del pronunciamento della Commissione centrale esercenti professioni sanitarie, cui Roberto Gava ha presentato ricorso, lo abbiamo raggiunto per farci raccontare origini e conseguenze di questo provvedimento, il più pesante per un medico.
Dottor Gava, quali sono le motivazioni con cui l’ordine dei medici di Treviso le ha comunicato la radiazione dall’albo?
Le motivazioni non mi sono state ancora comunicate. Non sono stato accusato di fatti specifici ma solo, e molto genericamente, di aver diffuso in pubblico idee scientificamente infondate. Non mi sono state precisate le affermazioni che sarebbero infondate, non so quali siano, sicché sono stato anche messo nell’impossibilità di difendermi. Comunque, non è mai stato in discussione alcun danno o pericolo che io abbia creato per determinati miei pazienti, nessun paziente si è lamentato di me presso l’Ordine di Treviso.
Quali sono le conseguenze di questo provvedimento, nel caso in cui la decisione fosse confermata? È compatibile con la sua attuale attività ospedaliera di cardiologo?
La sanzione resta sospesa perché proporrò ricorso, così prevede la legge. La cosa non ha nulla a che fare con la mia attività di cardiologo
Lei ha spesso affermato la sua contrarietà alla “vaccinazione di massa”. Eppure, secondo l’Oms, proprio su questo aspetto si basa la cosiddetta “immunità di gregge”. Può chiarirci meglio il suo pensiero in proposito?
Sono perplesso verso la vaccinazione indiscriminata di massa, fuori da condizioni di necessità e urgenza, cioè fuori da condizioni di emergenza. Indiscriminata significa non attenta alla personalizzazione del trattamento, caso per caso. Inoltre, non si può generalizzare, bisognerebbe distinguere tra i diversi vaccini, le diverse formulazioni e i calendari vaccinali. Anche le evidenze scientifiche del “peso” dell’immunità di gregge cambiano molto da vaccino a vaccino. Ad esempio, nel caso del tetano non esiste alcuna immunità di gregge, nel caso della difterite ci sono forti dubbi teorici che essa possa esistere, nel caso della poliomielite (in riferimento al vaccino iniettivo) non ci sono evidenze recenti e attendibili su quanto questo fenomeno conti, semplicemente perché non c’è la malattia. Nel caso dell’influenza il problema è complicato dal fatto che l’efficacia stessa del vaccino può cambiare di anno in anno, secondo il ceppo di virus implicato. Gran parte dei discorsi che si sentono sull’immunità di gregge sono fondati sull’“ipotesi” che essa esista, ipotesi che diventa poi convinzione che essa “debba” esistere, mentre ci sono pochi studi sperimentali e misure della sua rilevanza nella lotta contro le singole malattie infettive.
L’ultima settimana di aprile è stata scelta dall’Oms per “promuovere l’uso dei vaccini”, che “hanno scongiurato almeno 10 milioni di morti tra il 2010 e il 2015”. Come giudica gli allarmi dell’Oms?
Che i vaccini pediatrici siano utili non c’è alcun dubbio, ma che vengano diffusi alla popolazione italiana dati come quello dell’Oms che i vaccini hanno scongiurato almeno 10 milioni di morti in sei anni mi pare un po’ fuorviante. Infatti, i morti per malattie evitabili con i vaccini (vaccine preventable disease) in Italia o in Europa sono eccezionali (a parte il caso dell’influenza e, forse, della vaccinazione Hpv, per la quale però non abbiamo ancora dati sicuri di efficacia). I 10 milioni di morti verranno forse scongiurati nei Paesi poveri, ma non certamente in Europa. Da noi non c’è alcuna emergenza sanitaria e allora c’è probabilmente spazio per una personalizzazione della profilassi vaccinale in modo da potenziare i suoi benefici riducendo al massimo i rischi. I vaccini sono farmaci e come tali hanno indicazioni e controindicazioni. Trattandosi poi di sostanze che si iniettano in soggetti sani e per lo più in tenera età, il principio di precauzione dovrebbe essere rispettato il più possibile.
Lei come imposterebbe una campagna informativa sulle vaccinazioni?
A dire il vero, la domanda mi sembra un po’ troppo difficile, non essendo io parte di alcun organismo regolatorio, né avendo specifica competenza nell’organizzazione di campagne sanitarie. Se fossi interpellato, collaborerei volentieri con le autorità in tal senso, offrendo la mia esperienza. In linea molto generale, penso che una campagna informativa dovrebbe essere obiettiva, veritiera e trasparente, dove i vantaggi siano spiegati insieme alle potenziali e sempre possibili reazioni avverse, confidando sul senso di responsabilità della gente. Personalmente credo che la popolazione italiana sia sufficientemente istruita e responsabile per non cadere vittima di false propagande antivaccinali.
L’Oms scrive, in occasione della settimana dei vaccini, che “negli ultimi anni molti siti web hanno pubblicato informazioni fuorvianti sulla sicurezza dei vaccini”. Non pensa di aver contribuito ad alimentare nel nostro Paese un fronte indiscriminato contro i vaccini?
Assolutamente no. Coloro che rifiutano indiscriminatamente i vaccini li rispetto in nome della libertà di opinione e autodeterminazione, ma da medico non condivido la scelta, perché ogni estremismo è erroneo, solo la personalizzazione riduce il rischio. La medicina del futuro, ma siamo già in questo futuro, è necessariamente una medicina multidisciplinare, integrata, personalizzata e sempre a dimensione umana, perché il ripristino della salute si ottiene ripristinando la normale fisiologia dell’organismo umano nella sua complessità e unitarietà di corpo, psiche e spirito. Per costruire questa dimensione, il paziente deve crescere in consapevolezza, e quindi il medico lo deve correttamente informare sui pro e contro di ogni scelta. Termino comunque con una nota che non vorrei fosse interpretata come polemica, quanto come una doverosa precisazione: è vero che non tutto ciò che è scritto sui siti web è attendibile ma, nella memoria “pro veritate” presentata da un collega all’Ordine di Treviso per invitare alla discussione serena sul mio caso, sono riportati esempi eclatanti in cui anche le autorità sanitarie hanno diffuso informazioni fuorvianti, per lo più di tipo allarmistico.
In alcuni suoi scritti, in riferimento ai vaccini, lei parla della necessità di “un’adeguata personalizzazione del trattamento, in base a un doveroso principio di prudenza”. Può farci qualche esempio?
Il primo ed essenziale obiettivo della medicina preventiva è quello di proteggere le persone dalle malattie ricorrendo a trattamenti di provata innocuità (“Primum non nocere”), pertanto senza sottoporle ad alcun rischio iatrogeno (legato all’uso di un farmaco o una terapia, ndr) evitabile. Questo imperativo diventa categorico quando la prevenzione si rivolge ad un bambino piccolo con la massima aspettativa di vita. Purtroppo, un neonato è biologicamente immaturo e debole, e il suo sistema immunitario è influenzato da molti fattori, sia positivi che negativi. E, dato che questi ultimi non sono rari, oggi molti bambini nascono e crescono in una condizione di squilibrio latente. Questi bambini possono essere individuati da una non frettolosa anamnesi personale, genitoriale, familiare, ambientale, da un accurato esame obiettivo e, in casi selezionati, da eventuali esami ematochimici. Il principio di precauzione ordina a noi medici di individuare questi soggetti, da una parte di fortificarli e dall’altra di proteggerli da interventi squilibranti. Non trovandoci in una condizione di emergenza sanitaria, perché non attendere che il bambino cresca un po’ di più e somministrargli un minor numero di vaccini per volta? Ad esempio, che fretta c’è di inoculare vaccini come quello antitetanico e antiepatitico B a neonati di 2-3 mesi? Che probabilità hanno di ammalarsi (con le condizioni igieniche qui in Italia) di tetano o di epatite B a quell’età?
Come giudica la puntata di Report di Pasquetta sull’Hpv?
Il vaccino anti-Hpv è ancora oggetto di studio e non c’è ancora alcuna dimostrazione che sia efficace nell’evitare il tumore della cervice uterina, perché questo tumore ha una latenza di molti anni (circa 20-40), e quindi la popolazione italiana sarà sottoposta ad una (involontaria) sperimentazione ancora a lungo. Ci sono poi i dubbi sulla innocuità del vaccino, come è stato bene messo in evidenza dalla trasmissione citata. Il sistema di sorveglianza degli effetti avversi deve essere potenziato e reso più efficiente, nell’interesse della popolazione.
Cosa pensa del richiamo di Garattini, in un’intervista su Il Fatto Quotidiano del 19 aprile, a una maggiore “farmacovigilanza attiva”?
Ha perfettamente ragione, sia nel parlare delle gravi lacune della farmacovigilanza, sia nella sua prima frase in cui dice: “Ci sono troppe voci che ci descrivono i benefici dei farmaci e poche che, invece, indagano sulla loro tossicità …”. Il professore ha ragione anche nel denunciare che gli studi eseguiti dall’industria farmaceutica riportano solo una piccola parte (circa il 10-15%) delle reazione avverse reali. Pertanto, sono d’accordo con lui quando dice che servono studi scientifici indipendenti, dato che la maggior parte di quelli attualmente disponibili sono finanziati dall’industria farmaceutica, e recentemente l’Antitrust ha evidenziato conflitti di interesse e manovre speculative.