“Quello che sei, quello che siamo, non potrà essere cancellato neppure dal più vile degli assassini, come quelli che ti hanno portato via”. Melissa piange mentre ricorda suo fratello. La folla al funerale di Emanuele Morganti, il ventenne picchiato a morte ad Alatri il 25 marzo scorso, è silenziosa e composta. Gli amici indossano una maglietta bianca con il volto di Emanuele racchiuso in un cuore. Palloncini bianchi e due colombe vengono liberati in cielo: “Emanuele è morto da innocente”. Rabbia, incredulità, rassegnazione: è quello che si legge su questi volti.

“Dio non ha chiamato Emanuele perché era cattivo, l’ha solo ricevuto dalla cattiveria degli uomini”, dice mamma Lucia. A dare l’ultimo saluto a Emanuele vengono da tutta la zona, e tanti sono i Carabinieri qui nella questa chiesa di questo piccolo centro del Frusinate. “Quella che si è abbattuta su Emanuele è stata una ferocia disumana”, dice il vescovo nel corso dell’omelia. “Ma non si può rispondere alla violenza con la violenza”. 

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